Il congedo di maternità e paternità
E’ vietato adibire al lavoro le lavoratrici nei due mesi antecedenti la data presunta del parto e i tre mesi dopo il parto (5 mesi), nonché durante il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto.
In caso di parto prematuro, i giorni non goduti di astensione obbligatoria prima del parto vengono aggiunti al periodo di astensione obbligatoria dopo il parto, anche se si superi il limite complessivo di cinque mesi.
Si precisa che il superamento del limite si verifica in presenza di "casi patologici di parti fortemente prematuri", in cui il bambino nasce più di due mesi prima dell'inizio del congedo obbligatorio.
Qualora il bambino nato prematuro abbia necessità di un periodo di ricovero ospedaliero anche lungo, la madre ha facoltà di riprendere il lavoro richiedendo, previa presentazione di un certificato medico attestante la sua idoneità al lavoro, la fruizione del restante periodo del congedo di maternità post-parto o del periodo ante-parto, qualora non fruito, a decorrere dalla data di dimissioni del bambino. Questa disposizione non riguarda solo il caso di parto prematuro con ricovero del neonato, come previsto dalla sentenza n. 116/2011 della Corte Costituzionale, ma anche altre ipotesi in cui si renda necessario il ricovero, indipendentemente da quando sia avvenuta la nascita (quindi anche se nei termini previsti). Si applica anche nei casi di adozione o affidamento quando il ricovero avvenga durante il congedo di maternità.
E’ prevista la flessibilità dell’astensione obbligatoria che consente alla lavoratrice di astenersi dal lavoro dal mese precedente la data presunta del parto, allungando così a quattro mesi l’astensione dopo il parto, a condizione che il medico specialista del S.S.N. e il medico competente ai fini della prevenzione, ove questo sia previsto nell’azienda, attestino che tale opzione non arreca pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.
Viene riconosciuta la facoltà della lavoratrice di riprendere in qualunque momento l’attività lavorativa, in caso di interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza successiva al 180° giorno dall’inizio della gestazione, nonché in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, con un preavviso di dieci giorni al datore di lavoro, a condizione che il medico specialista del SSN o con esso convenzionato e il medico competente (quando previsto nel luogo di lavoro) attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla sua salute.
In caso di parto plurimo il congedo di maternità non si raddoppia.
Cinque mesi di congedo di maternità dopo il parto. La legge di Bilancio 2019 ha riconosciuto alla lavoratrice la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo il parto, entro i cinque mesi successivi allo stesso, sempre che tale opzione non arrechi pregiudizio alla sua salute e a quella del nascituro. Tale facoltà è alternativa al normale congedo di maternità e consente di fruire del congedo obbligatorio di cinque mesi dopo l’evento parto, quando vi sia la prevista documentazione sanitaria.
Durante il periodo di congedo di maternità (compreso quello anticipato e/o prorogato) o di paternità, le lavoratrici e i lavoratori dipendenti, assicurati all’Inps, hanno diritto in sostituzione della retribuzione ad un’indennità giornaliera pari all’80% della retribuzione media giornaliera, percepita nel periodo di paga precedente al periodo di congedo, facendo salve le condizioni di miglior favore eventualmente previste per le singole categorie da norme integrative contrattuali.
Le indennità di maternità vengono corrisposte dai datori di lavoro privati per conto dell’Inps, tranne casi in cui sono pagate direttamente dall’Istituto (es. disoccupate, sospese, lavoratori domestici, lavoratori iscritti alla Gestione Separata, ecc.)