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Licenziamento e Corte di Cassazione

31/03/2014


Si segnalano ancora due sentenze della Corte di Cassazione sulla legittimità o meno del licenziamento del lavoratore, riguardo diverse situazioni.

Licenziamento legittimo per inidoneità fisica causata da attività extra lavorativa

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 3224/2014 ha dichiarato che è legittimo il licenziamento del lavoratore a seguito di inidoneità fisica, imputabile ad attività extra lavorativa, che renda impossibile la sua utilizzazione alle mansioni assegnategli e la ricollocazione ad altre mansioni, onere questo che spetta al datore di lavoro.
Viene così rigettato il ricorso del lavoratore avverso la sentenza della Corte d’appello.
La Corte ritiene, condividendo le motivazioni della Corte d’appello, che non possa addebitarsi al datore di lavoro l’aggravamento delle condizioni di salute del dipendente dovuto più alla sua attività extra lavorativa (allenatore di squadre di calcio) che con riguardo alle mansioni lavorative usualmente svolte in concreto.

Licenziamento illegittimo e pensionamento. Corte di Cassazione

Qualora il lavoratore, collocato indebitamente a riposo, ottenga dal giudice la reintegrazione ha diritto ad un risarcimento commisurato alle retribuzioni perse a seguito del licenziamento fino alla riammissione in servizio, senza che il datore di lavoro possa detrarre quanto percepito dal lavoratore a titolo di pensione.
Lo afferma la Corte di Cassazione con ordinanza n. 1725/2014, precisando a tal fine che la pensione non deriva direttamente dal licenziamento, ma dal possesso, da parte del lavoratore, di specifici requisiti di età e di contribuzione stabiliti dalla legge diversi ed esterni dal rapporto di lavoro.
La Corte chiarisce infine che “alla pronuncia di inefficacia del licenziamento ed al conseguente ripristino del rapporto di lavoro illegittimamente interrotto non può che conseguire l’obbligo giuridico, da parte dell’istituto previdenziale erogatore, di recuperare una prestazione pensionistica divenuta ormai indebita perché priva di titolo”. In sostanza i ratei di pensione percepiti non restano al lavoratore, in quanto soggetto esposto all’azione di ripetizione di indebito da parte dell’ente.