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Comportamento del lavoratore in malattia. Corte di Cassazione

10/09/2014

Si segnalano due recenti sentenze della Corte di Cassazione sul comportamento del lavoratore in malattia inadempiente degli obblighi del rapporto di lavoro.

Licenziamento del lavoratore per assenteismo
È legittimo il licenziamento del lavoratore che, a causa delle sue assenze per malattia “costantemente agganciate” prima o dopo i giorni di riposo, aveva reso una prestazione lavorativa non sufficiente e proficuamente utilizzabile dall'azienda, anche se le assenze non avevano superato il periodo di comporto.
Lo stabilisce la Corte di Cassazione, con sentenza n. 18678 del 4 settembre 2014, respingendo il ricorso del lavoratore che contestava che tali assenze non avessero superato il periodo di comporto e che pertanto il licenziamento fosse premeditato senza giusta causa.
La Suprema Corte precisa che se è vero che “il datore di lavoro non può recedere dal rapporto prima del superamento del limite di tollerabilità dell'assenza”, il provvedimento nel caso di specie è stato adottato a causa delle ripetute assenze del lavoratore per malattia, per le modalità con cui esse si verificavano, con conseguente prestazione lavorativa inadeguata sotto il profilo produttivo e pregiudizievole per l'organizzazione aziendale.

Lavoratore in malattia e svolgimento di altra attività

Con sentenza n. 17625 del 5 agosto 2014 la Corte di Cassazione afferma che è che è illegittimo il comportamento di un lavoratore che durante lo stato di malattia svolga un’altra attività, quando questa attività interferisca con gli obblighi di correttezza e buona fede da parte del dipendente a fronte della specifica prescrizione di riposo medico.
Il caso di specie riguarda un operatore di casello autostradale che, durante il periodo di malattia, aveva partecipato per due volte ad un concorso ippico in qualità di driver.
La società datrice di lavoro aveva inviato prima una lettera di contestazione e successivamente intimato il licenziamento per giusta causa.
La Cassazione in proposito ricorda una sua precedente pronuncia nella quale si afferma “che l’espletamento di altra attività, lavorativa ed extralavorativa, da parte del lavoratore durante lo stato di malattia è idoneo a violare i doveri contrattuali di correttezza e buona fede nell’adempimento dell’obbligazione e a giustificare il recesso del datore di lavoro (solo) laddove si riscontri che l’attività espletata, costituisca indice di una scarsa attenzione del lavoratore alla propria salute ed ai relativi doveri di cura e di non ritardata guarigione”.