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Corte di Cassazione e tutela della salute

04/08/2014




Amianto e protezione lavoratori e ambiente

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 31458 del 17 luglio 2014, ha confermato l’ammenda cui era stato condannato un datore di lavoro dal Tribunale di Torino per non aver organizzato, programmato e sorvegliato le lavorazioni svolte dai propri dipendenti a contatto con costruzioni contenenti amianto, in modo tale da evitare l’emissione di polveri d’amianto in aria.
Le norme succedutesi negli anni, dal d.lgs. 277/91 al d.lgs. 626/94 e al d.lgs. 81/2008 (T.U. salute e sicurezza sul lavoro), prevedono la protezione dei lavoratori contro i rischi connessi ad esposizione ad amianto ma anche la tutela dell’ambiente. È responsabile il datore di lavoro che non si attenga a tali norme, mettendo a rischio i lavoratori e provocando un danno all’ambiente.
 

Infortunio e negligenza del lavoratore

Non è indennizzabile l’infortunio quando sia causato dall’ingiustificata e pericolosa condotta tenuta dal lavoratore, che si sia volontariamente esposto ad un rischio elettivo.
Lo ribadisce la Corte di Cassazione con sentenza n. 15705 del 9 luglio 2014.
Il caso esaminato riguarda un operaio edile che, per accedere al piano inferiore, dove era sceso per consumare il pasto, pur in presenza di un accesso sicuro, preferì scendere dal ponteggio, tenendosi ai tubi, mettendo un piede in fallo e precipitando nel vuoto. Chiedeva pertanto la condanna dell'INAIL all'indennizzo dei conseguenti postumi di invalidità temporanea assoluta e invalidità permanente. Ma i giudici di primo e di secondo grado avevano rigettato la domanda, ritenendo che l'evento fosse derivato da una scelta arbitraria del dipendente, il quale, per ragioni personali, aveva volutamente creato una situazione diversa da quella inerente all'attività lavorativa, interrompendo così il nesso eziologico tra infortunio e prestazione.
Decisioni condivise dalla Suprema Corte che ha considerato inammissibile il ricorso del lavoratore.
 

Indumenti di lavoro e obblighi del datore di lavoro

Con sentenza n. 13745 del 17 giugno 2014, la Corte Cassazione ha affermato che il datore di lavoro è obbligato a mantenere le tute da lavoro dei dipendenti unicamente quando queste hanno la funzione di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori. Al di fuori di queste ipotesi spetta al lavoratore provvedere alla manutenzione degli abiti da lavoro, tra cui il lavaggio periodico. In una nota del Dip. Salute e Sicurezza della Uil, a firma di Paolo Carcassi, Segretario Confederale, si legge: “Con questa sentenza viene definitivamente chiarito l’ambito di responsabilità del Datore di
Lavoro per quel che riguarda gli abiti da lavoro e i Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) e la loro “manutenzione”. Dal Documento di Valutazione dei Rischi aziendale, vengono chiaramente individuati e consegnati ufficialmente al singolo lavoratore, i DPI collegati alla mansione prevista del lavoratore stesso. Quindi sulla base della Sentenza, solo i DPI, indicati nello specifico DVR e consegnati al lavoratore, devono essere tenuti in efficienza dal Datore di Lavoro secondo le modalità definite dal Produttore del DPI stesso: manutenzione, controllo, lavaggio periodico, etc.”.

 


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