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Cassazione: responsabilitą datore di lavoro

24/03/2016


La Corte di Cassazione, Sezione Penale, con la sentenza n. 8883 del 3 marzo 2016 accoglie il ricorso del datore di lavoro e del responsabile del servizio di prevenzione e protezione di una ditta, avverso la sentenza della Corte di Appello che li condannava, in solido, al risarcimento del danno per l’infortunio occorso ad un lavoratore, e li assolve dal reato loro ascritto perché il fatto non costituisce reato.

Si riportano in sintesi le conclusioni cui perviene la Suprema Corte dopo un’articolata disamina dei fatti.

I ricorrenti erano stati condannati per violazione della normativa sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, per aver cagionato un grave infortunio ad un lavoratore con la qualifica di elettricista che, a causa del cedimento di un elemento della copertura del capannone, precipitava al suolo da un'altezza di circa 6 metri, riportando gravi lesioni. In particolare, la Corte di appello avrebbe contestato l'estrema superficialità del comportamento dei due ricorrenti che non avrebbero disposto le necessarie misure di sicurezza nell’affidare il lavoro senza effettuare alcun sopralluogo.

La Cassazione ribalta però la sentenza.

Dall'approfondita istruttoria dibattimentale compiuta in primo grado sarebbero infatti emerse l'assoluta correttezza del comportamento degli imputati e la condotta imprudente, del tutto imprevedibile e non ipotizzabile del lavoratore che, pur dotato delle necessarie attrezzature per effettuare il lavoro in sicurezza, avrebbe violato gli obblighi impostigli, provocando l’incidente. Nessun rimprovero – afferma la Corte - può quindi muoversi ad entrambi i ricorrenti, che si erano legittimamente fidati della professionalità del soggetto al quale era stato affidato il lavoro.

Si trattava peraltro di un esperto elettricista che era stato anche nominato rappresentante dei lavoratori per la sicurezza della propria azienda.

Quali sono i principi affermati dalla Corte di Cassazione?

Si ricorda - nella sentenza - come il sistema della normativa antinfortunistica, si sia lentamente trasformato da un modello "iperprotettivo", interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro che, in quanto soggetto garante era investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori, ad un modello "collaborativo" in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi i lavoratori. Tale principio, affermato dal T.U. della Sicurezza sul Lavoro ( D.Lgs n. 81/2008), “naturalmente non ha escluso, per la giurisprudenza della stessa Corte, che permanga la responsabilità del datore di lavoro, laddove la carenza dei dispositivi di sicurezza, o anche la mancata adozione degli stessi da parte del lavoratore, non può certo essere sostituita dall'affidamento sul comportamento prudente e diligente di quest'ultimo.”.

La recente normativa (T.U. 2008/81) – continua la Corte - impone anche ai lavoratori di attenersi alle specifiche disposizioni cautelari e comunque di agire con diligenza, prudenza e perizia e le tendenze giurisprudenziali si dirigono anch’esse verso una maggiore considerazione della responsabilità dei lavoratori (c.d. "principio di autoresponsabilità del lavoratore”).

“Il datore di lavoro non ha più, dunque, un obbligo di vigilanza assoluta rispetto al lavoratore, come in passato, ma una volta che ha fornito tutti i mezzi idonei alla prevenzione ed ha adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, egli non risponderà dell’evento derivante da una condotta imprevedibilmente colposa del lavoratore.”.