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Amianto e diritto di astensione dal lavoro

15/12/2012


La Corte di Cassazione, con sentenza n. 18921 del 5 novembre 2012, ha affermato che è legittimo il comportamento dei lavoratori che, in presenza di amianto nell’azienda, timbrano il cartellino ma si rifiutano di lavorare nelle zone a rischio, stabilendo che agli stessi non può essere sospeso il pagamento della retribuzione.
Secondo la giurisprudenza della stessa Corte, infatti, nel caso in cui il datore di lavoro non adotti, a norma dell’art. 2087 c.c., tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e le condizioni di salute del lavoratore, rendendosi così inadempiente ad un obbligo contrattuale, il prestatore d’opera, oltre al risarcimento dei danni, ha in linea di principio il diritto di astenersi dalle specifiche prestazioni la cui esecuzione possa arrecare pregiudizio alla sua salute (cfr, Cass., n. 11664/2006).

La vicenda risale agli anni 1980–89 (quando l’uso dell’amianto non era stato ancora vietato) e riguardava alcuni lavoratori addetti alle operazioni di rimozione dell’amianto. Negli anni, nonostante alcuni interventi di bonifica adottati dall’azienda, permanevano tuttavia situazioni di insalubrità delle condizioni di lavoro, come rilevato dall’accertamento da parte del medico del lavoro e dell’ufficiale sanitario delle Ferrovie, per cui i lavoratori, dopo aver richiesto, senza risultati, interventi risolutivi all’azienda, avevano deciso di astenersi ad oltranza dalle sole azioni di bonifica, restando in attesa di eventuali richieste di lavori diversi.
In conclusione, per quel periodo di astensione l’Azienda non corrispondeva ai lavoratori la retribuzione, da qui l’origine del giudizio.
La Cassazione rigetta il ricorso dell’Azienda confermando la sentenza del Tribunale, il quale ha ritenuto che il comportamento dei lavoratori, che avevano marcato il cartellino di presenza, ma si erano poi rifiutati di lavorare nelle zone a rischio, esprimesse una giustificata reazione all’inadempimento del datore di lavoro ai sensi dell’art. 1460 cc, implicitamente valutando come irrilevante il fatto che, dopo la timbratura all’orologio marcatempo, i lavoratori medesimi si fossero trattenuti nelle vicinanze, senza recarsi ai singoli reparti di produzione, ma neppure allontanandosi dall’officina.