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Malattia. Lavoratore invalido e periodo di comporto

21/09/2011


Le assenze per malattia del lavoratore invalido assunto obbligatoriamente, collegate con lo stato di invalidità, non possono essere incluse nel periodo di comporto, durante il quale vi è l’obbligo della conservazione del posto di lavoro, se l’invalido viene adibito, in violazione di legge a mansioni incompatibili con le proprie condizioni di salute.
E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 17720 del 29 agosto 2011.
La vicenda che ha dato origine al giudizio riguarda una lavoratrice invalida civile, con riduzione della capacità lavorativa dell’80%, assunta obbligatoriamente e successivamente licenziata per superamento del periodo di comporto per malattia.
Sia il Tribunale che la Corte d’appello avevano rigettato la domanda della lavoratrice
diretta ad ottenere la illegittimità del licenziamento intimatole, in quanto, a suo avviso, erano state erroneamente conteggiate nel periodo di comporto le assenze per malattia derivanti da patologie causate dalle mansioni cui era stata adibita, incompatibili con il proprio stato di invalidità.
Secondo i giudici, sulla base della c.t.u. espletata nel giudizio di primo grado, tutte le assenze per malattia contestate alla lavoratrice dovevano essere conteggiate perché le relative patologie non erano da collegare alla gravosità delle mansioni svolte dalla lavoratrice e quindi alla responsabilità del datore di lavoro.
La Corte di Cassazione accoglie il ricorso della lavoratrice, non concordando con le conclusioni cui era pervenuta la Corte di appello, sulla scorta della c.t.u. recepita, a suo avviso, senza alcun vaglio critico, sostenendo invece che “…sia le assenze derivanti da malattie aventi un collegamento causale diretto con le mansioni svolte dall’invalido, sia le assenze derivanti da malattie rispetto alle quali le mansioni svolte abbiano solo un ruolo di concausa devono essere escluse da quelle utili per la determinazione del periodo di comporto, tenuto conto sia del diritto del lavoratore - tanto più se invalido - di pretendere, sia, correlativamente, dell’obbligo del datore di lavoro di ricercare una collocazione lavorativa idonea a salvaguardare la salute del dipendente nel rispetto dell’organizzazione aziendale in concreto realizzata dall’imprenditore…”.
Precisa infine la Corte che: “in particolare, nel caso di un rapporto di lavoro instaurato con un prestatore invalido, assunto obbligatoriamente a norma della legge n. 482/68, il datore di lavoro, che a norma dell’ex art. 2087 cod. civ. deve adottare tutte le misure necessarie per l’adeguata tutela dell’integrità fisica e della personalità morale del lavoratore, deve in ispecie in osservanza delle disposizioni della detta legge far sì che le mansioni alle quali il lavoratore invalido viene adibito siano compatibili con la sua condizione…”