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Maternità e conservazione dello status di lavoratore. Corte Giust. Ue

23/06/2014


Più tutela per le lavoratrici comunitarie in maternità.
La Corte di Giustizia Europea, con sentenza del 19 giugno 2014 nella causa C-507/12, ha affermato che una donna che smetta di lavorare o di cercare un impiego a causa della gravidanza e del periodo successivo al parto conserva lo status di “lavoratore”, purché riprenda il suo lavoro, o trovi un altro impiego, entro un ragionevole periodo di tempo dopo la nascita del figlio.
Il caso riguarda una cittadina francese che, recatasi nel Regno Unito vi aveva lavorato per un determinato periodo come insegnante ausiliaria, abbandonando successivamente tale impiego in quanto era diventato troppo faticoso durante il periodo di gravidanza. Chiedeva quindi il pagamento dell’indennità integrativa del reddito (concessa nel Regno Unito ad alcune categorie di persone con reddito basso) che, però, le veniva negata in quanto la Signora aveva perso la qualità di lavoratore.
La Corte di Giustizia richiama la direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri che, precisando le condizioni di esercizio di tale diritto, di per sé, non può limitare la nozione di “lavoratore” ai sensi del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE).
In conclusione “la circostanza che una siffatta persona non sia stata effettivamente presente sul mercato del lavoro dello Stato membro ospitante per alcuni mesi, non implica che abbia cessato di far parte di detto mercato durante tale periodo, purché essa riprenda il suo lavoro o trovi un altro impiego entro un termine ragionevole dopo il parto”. È compito del giudice nazionale tenere conto delle circostanze specifiche e delle norme nazionali che disciplinano la durata del congedo di maternità, per determinare se il periodo intercorso tra il parto e la ripresa del lavoro possa essere considerato ragionevole.