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L'attacco ai Patronati č un attacco ai cittadini

11/03/2014



Oggi il “Messaggero” pubblica un’inchiesta attaccando diffusamente i patronati.
E’ necessario chiarire che ciò significa danneggiare i cittadini.
Prima di tutto è importante ricordare che il fondo che ci finanzia è alimentato da versamenti dei lavoratori e dei datori di lavoro, con lo scopo primario di assicurare tutele fondamentali anche a chi non può permettersi di pagarle. Ciò che ci preoccupa di questo attacco è il rischio di eliminare l’accesso gratuito all’assistenza, su iniziativa di lobbies che vedono il servizio alla persona come strumento di potere economico.
La crisi, le difficoltà nei rapporti con gli enti previdenziali e, in particolare, il forzato processo di telematizzazione attivato dall’Inps, insieme alla chiusura massiva degli sportelli al pubblico, hanno generato un incremento di oltre il 35% dell’utenza presso le nostre sedi (presenti in maniera capillare sul territorio, anche all’estero). Nel 2010 i patronati, che sono 28 e che, oltre al mondo sindacale, rappresentano molte altre realtà, hanno aperto 6 milioni e mezzo di pratiche e hanno assistito 10 milioni di persone, mentre nel 2011, il numero di cittadini che si sono rivolti a noi era già lievitato oltre i 12 milioni.
Si tratta di persone - anziani ed immigrati, ad esempio - per le quali è difficile districarsi tra le procedure con un pin, considerata anche la scarsa alfabetizzazione informatica, che riguarda il 50-55% della popolazione italiana.
Della nostra trasparenza, certificata dal ministero del Lavoro, rispondiamo prima di tutto ai nostri utenti che, come dimostrano i dati, ci danno fiducia. I controlli ministeriali garantiscono che nessuna quota venga “reindirizzata” ai sindacati. Tutte le risorse a noi destinate vengono impiegate per rendere più efficace la nostra tutela, peraltro coperta solo per 1/3 dal fondo, mentre per il resto non si prevede recupero economico. Nonostante ciò, grazie al nostro ruolo suppletivo, l’Inps ha avuto un risparmio di 500 milioni di euro e ha potuto avviare la sua riorganizzazione.
Il nostro è un lavoro di qualità: lo conferma il fatto che il 20-25% delle pratiche di pensione è sbagliato e non è seguito da noi. Per questo stiamo lavorando ad una rete di controllo che unisca ministero, enti previdenziali e patronati, tale da garantire la qualità certificata del nostro operato. Solo così può essere preservata una realtà che la Costituzione definisce “di pubblica utilità” e l’accesso alla quale viene riconosciuto tra i diritti costituzionali del lavoratore.