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Maternità e lavoro: una guida sui diritti delle mamme

12/05/2025

 

 

Quali sono i diritti riconosciuti in Italia alle donne e mamme che lavorano? La normativa prevede una serie di attenzioni e misure di protezione per evitare condizioni di rischio per le lavoratrici, sia durante la gravidanza, sia nel periodo dopo il parto. Molte attività lavorative che in condizioni normali possono essere considerate accettabili, potrebbero essere pericolose in gravidanza e costituire un fattore di rischio per la salute della donna e quella del bambino. 

 

In questo articolo illustreremo le misure forse più conosciute a sostegno della maternità, spiegheremo come accedere ai diversi strumenti di tutela sul lavoro, come congedi, permessi e sussidi di maternità.  

 

 

 

Tutela della maternità e sicurezza sul lavoro: cosa prevede la legge

 

La salute della lavoratrice in gravidanza è tutelata dalla normativa italiana attraverso una serie di misure preventive e obblighi a carico del datore di lavoro. La legge prevede il divieto:

 

  • di adibire le lavoratrici gestanti, in alcuni casi fino a 7 mesi dopo il parto, a mansioni pericolose, faticose o insalubri, indicate come “lavori vietati”;
  • di svolgere lavoro notturno, dalle ore 24 alle ore 6, dall’accertamento dello stato di gravidanza fino ad un anno di età del bambino.

 

Quando le condizioni lavorative risultano rischiose per la salute della lavoratrice o del bambino e non è possibile un cambio di mansione (nel caso di lavori vietati o a rischio), è possibile:

 

  • richiedere l’astensione anticipata dal lavoro.

 

Le lavoratrici gestanti hanno, inoltre, diritto a permessi retribuiti per sottoporsi a esami prenatali, accertamenti clinici e visite mediche specialistiche.

 

 

 

 

Tutela della maternità in 6 punti: cosa sapere su congedi, permessi e sussidi 

 

Scopriamo quali sono le tutele riconosciute dalla normativa per le mamme lavoratrici dipendenti, autonome e per le donne disoccupate.  


 

1. Congedo di maternità e congedo parentale

 

Il congedo di maternità è un diritto riconosciuto alle lavoratrici dipendenti durante la gravidanza e il puerperio. La maternità obbligatoria dura complessivamente 5 mesi: 2 mesi precedenti la data presunta del parto e i 3 mesi dopo la data del parto.

In alcuni casi, è possibile optare per la flessibilità del congedo maternità, ovvero scegliere di posticipare l'inizio del congedo, usufruendo di 1 mese di congedo prima del parto e di 4 mesi dopo il parto (1+4), oppure di 5 mesi interamente dopo il parto (0+5). Le lavoratrici possono scegliere di avvalersi della flessibilità del congedo di maternità a condizione che il medico competente fornisca idonea certificazione attestante che tale opzione non arrechi pregiudizio alla sua salute e a quella del nascituro.

 

Ultimato il periodo di congedo di maternità o di paternità nei casi previsti, i genitori possono fruire del congedo parentale. Questo strumento consente l’astensione dal lavoro fino ai 12 anni di età del figlio, o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento. Sono previste regole specifiche per i figli con disabilità.


Il congedo di maternità e il congedo parentale sono entrambi temi che abbiamo trattato in modo più dettagliato nell’articolo: “Congedo parentale e di maternità: tutto ciò che c'è da sapere sulle misure di sostegno alle famiglie”, disponibile sul nostro sito.


 

2. Assegno di maternità per mamme non lavoratrici


L’assegno di maternità di base, conosciuto anche come assegno di maternità dei Comuni, è una prestazione assistenziale concessa dai Comuni italiani ed erogata dall’Inps. Si rivolge alle mamme non lavoratrici o che non possono far valere la propria contribuzione per accedere alla maternità Inps, in occasione di parto, adozione o affidamento preadottivo. Per accedere a questa misura di sostegno economico le richiedenti non devono essere già beneficiarie di un altro assegno di maternità Inps.

 

Possono fare domanda per l’assegno di maternità di base i cittadini residenti italiani, comunitari oppure stranieri in possesso di titolo di soggiorno (per la specifica della tipologia di permesso di soggiorno utile è necessario rivolgersi al proprio comune di residenza).

 

Per l’anno 2025, i valori dell’assegno di maternità di base e dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) del nucleo familiare sono i seguenti:

 

  • l’importo è pari a 407,40 euro mensili per complessivi 2.037,00 euro;
  • il valore ISEE non deve superare 20.382,90 euro.

 

La domanda di assegno di maternità di base deve essere presentata al Comune di residenza entro 6 mesi dalla nascita della propria figlia/o oppure dall’ingresso in famiglia del minore adottato o in affido preadottivo.

 

 

 

3. Congedo per malattia del figlio


Le mamme lavoratrici dipendenti hanno diritto ad assentarsi dal lavoro per la malattia di ciascuno dei propri figli, anche adottivi. Fino ai 3 anni di età dei figli, il congedo spetta per tutto il periodo della malattia.Tra i 3 e gli 8 anni di età spetta per un limite massimo di 5 giorni lavorativi all’anno.

Per poter fruire di questo specifico periodo di congedo è necessario presentare al datore di lavoro un certificato di malattia relativo al minore. In linea generale, nel settore privato i congedi per malattia bambino non sono retribuiti. Tuttavia, i contratti collettivi nazionali possono prevedere condizioni di miglior favore per i lavoratori.

 

 


4. Riposi giornalieri per allattamento


I
genitori lavoratori dipendenti hanno diritto ai riposi giornalieri retribuiti, comunemente detti “riposi per allattamento”, fino al primo anno di vita dei bambini o entro un anno dall'ingresso in famiglia del minore adottato o in affidamento. Nello specifico, spettano ai genitori:


  • 2 ore al giorno di riposo, se l'orario di lavoro è di almeno 6 ore giornaliere;
  • 1 ora, in caso di orario giornaliero di lavoro inferiore a 6 ore.

 

Nel caso di parti plurimi l’orario dei permessi giornalieri retribuiti raddoppia, a prescindere dal numero dei gemelli, e le ore aggiuntive possono essere utilizzate anche dal padre.

 

 

 

5. Divieto di licenziamento


La lavoratrice mamma gode di una tutela contro il licenziamento: non può essere licenziata dall'inizio del periodo di gravidanza, fino al compimento di 1 anno di età del figlio, salvo alcuni casi specifici previsti dalla legge. Questo divieto si applica anche al padre lavoratore che fruisca del congedo di paternità e per le adozioni e gli affidamenti fino a 1 anno dall’ingresso del minore nel nucleo familiare.

 

 

 

6. Dimissioni in maternità


La lavoratrice mamma che si dimette volontariamente durante il periodo tutelato di maternità ha diritto alla NASpI. Le dimissioni devono avvenire a partire da 300 giorni prima della data presunta del parto e fino al compimento di 1 anno del bambino.
La risoluzione consensuale del rapporto di lavoro e le dimissioni presentate dalle lavoratrici madri durante la gravidanza, e comunque da uno dei genitori nei primi 3 anni di vita del bambino/a o 5 di accoglienza del minore adottato o in affidamento, devono essere convalidate dalle Direzioni Territoriali del Lavoro (DTL).

 

 

(Foto © deagreez - stock.adobe.com)