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Cassazione. Il congedo raddoppia quando i figli disabili gravi sono due

12/06/2017



In presenza di due figli disabili gravi, il genitore lavoratore potrà fruire del congedo straordinario nel limite di due anni per ciascun figlio, nell’arco della propria vita lavorativa. Il periodo di congedo in tali casi raddoppia.

Lo prevede la Corte di Cassazione con una interessante sentenza, la n. 11031 del 5 maggio 2017, che ritiene infondato e rigetta il ricorso dell’INPS secondo cui il congedo di due anni può essere fruito una sola volta, in maniera continuativa o frazionata, nell’arco della vita lavorativa, anche se i figli disabili da assistere sono più di uno.

La Corte d’Appello, avverso la quale ricorre l’INPS in Cassazione, aveva infatti rigettato il gravame proposto dall’Istituto contro la pronuncia di primo grado che aveva accolto la domanda di una lavoratrice riconoscendole il diritto a fruire del congedo ex art. 42, comma 5 D.Lgs. n. 151/2001 entro il limite di due anni per ciascuno dei figli minori portatori di handicap grave.

La Suprema Corte conferma le sentenze dei due precedenti gradi di giudizio, esponendo le seguenti ragioni della decisione.

La Cassazione inizia con l’esaminare la normativa in questione: l’art. 42, 5 comma del D.Lgs. 151/2001 riconosceva il diritto al congedo ad entrambi i genitori che non poteva superare “la durata complessiva di due anni”; l’art. 4, comma 2 della l. 53/2000 parla di un “periodo di congedo, continuativo o frazionato non superiore a due anni”; l’art.2 del DM 278/2000 prevede che il congedo “può essere utilizzato per un periodo, continuativo o frazionato non superiore a due anni nell’arco della vita lavorativa.”
Nessuna delle disposizioni citate – puntualizza la Corte - autorizza però ad affermare che sul piano letterale la legge abbia inteso riferirsi alla durata complessiva dei possibili congedi fruibili dall’avente diritto, anche nell’ipotesi in cui i soggetti da assistere fossero più di uno; cosicché terminato il periodo complessivo di due anni il genitore non abbia più diritto nell’arco della vita lavorativa ad altro periodo di congedo, anche nell’ipotesi in cui vi sia un altro figlio disabile grave da assistere.
“Le stesse norme, invece, secondo una interpretazione costituzionalmente orientata ai sensi degli artt. 2, 3, 32 Cost. possono essere intese soltanto nel senso che il limite dei due anni – in effetti non superabile nell’arco della vita lavorativa anche nel caso di godimento cumulativo di entrambi i genitori – si riferisca tuttavia a ciascun figlio che si trovi nella prevista situazione di bisogno, in modo da non lasciarne alcuno privo della necessaria assistenza che la legge è protesa ad assicurare.”.
Nella stessa direzione si esprime ora la norma di cui all’art. 42 del D.Lgs. n. 151/01, come modificata dal successivo decreto legislativo n. 119/2011, con l’introduzione del seguente comma 5 bis “Il congedo fruito ai sensi del comma 5 non può superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap e nell’arco della vita lavorativa…”. Tale esplicitazione normativa è da ritenersi confermativa del tenore della legge precedente.
Conclude la Suprema Corte che “Le considerazioni sin qui svolte impongono dunque di rigettare il ricorso promosso dall’INPS avverso la sentenza impugnata che ha fatto buon governo delle regole di diritto applicabili alla fattispecie.”.

Questa sentenza richiederà gli opportuni chiarimenti anche da parte dell’INPS con apposita circolare, considerato che sono varie le diverse fattispecie che possono verificarsi.