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Disabilità: la "convivenza" non è "coabitazione"

24/05/2017


Congedo retribuito assistenza disabili. “Convivenza” non è “coabitazione”



Ai fini del congedo retribuito biennale, per assistere un familiare disabile grave, il concetto di “convivenza” non può essere ritenuto coincidente con quello di “coabitazione” poiché in tal modo si darebbe un’interpretazione restrittiva della disposizione che, oltre che arbitraria, sembra andare contro il fine perseguito dalla norma di agevolare l’assistenza delle persone disabili.

Questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione seconda sez. penale, con una interessante sentenza, la n. 24470 del 17 maggio 2017, nella quale si precisa che sarebbe incomprensibile escludere da tale congedo (art. 42 c. 5 del T.U. n. 151/2001) il lavoratore che conviva costantemente, ma solo in una fascia oraria della giornata, con il familiare disabile al fine di prestargli assistenza per un periodo di tempo in cui, altrimenti, ne rimarrebbe privo.

Il caso oggetto della sentenza riguarda un medico che era stato condannato dalla Corte di appello per reato di truffa aggravata ai danni della Asl di appartenenza, per aver falsamente asserito di essere convivente con la madre affetta da grave disabilità (mentre di fatto dimorava con la famiglia altrove), ottenendo così dall’ente di appartenenza il congedo straordinario retribuito.

La Suprema Corte è però di diverso parere, ritiene fondato e accoglie il ricorso del medico, annulla la sentenza impugnata rinviando alla Corte d'appello per un nuovo giudizio.

Nella sentenza la Cassazione afferma, infatti, che non può ritenersi falsa l’indicazione di essere convivente con la madre, in quanto non è necessariamente incompatibile con la diversa dimora con moglie e figli, né con la legittima fruizione del congedo retribuito biennale (art. 42 c. 5 del D.Lgs. 151/2001), “giacché quel che rileva è, comunque, la prestazione di un’assistenza assidua e continuativa alla portatrice di handicap.”.



 

 

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