
Licenziamento e incremento redditivitą dell'impresa
Si segnala la nota sentenza n. 25201 del dicembre scorso della Corte di Cassazione che afferma la legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, in ragione di una migliore efficienza gestionale dell’impresa ovvero di un incremento della redditività della stessa.
La Cassazione interviene dopo due sentenze in contrasto tra di loro: mentre per il Giudice di primo grado il licenziamento del dipendente era considerato legittimo in quanto "effettivamente motivato dall'esigenza tecnica di rendere più snella la catena di comando e quindi la gestione aziendale", in appello veniva ritenuto illegittimo, poiché, in mancanza della prova da parte dell’azienda dell’esigenza di fare fronte a eventi sfavorevoli ovvero per sostenere spese di carattere straordinario, ogni riassetto dell’impresa “risulta motivato soltanto dalla riduzione dei costi e, quindi, dal mero incremento del profitto".
La Suprema Corte cassa la sentenza della Corte di Appello e conferma il licenziamento, richiamando anche l'articolo 41 della Costituzione che prevede la libera iniziativa economica dei privati. Ricorda inoltre i due diversi orientamenti della giurisprudenza di legittimità, evidenziando che, secondo precedenti pronunce, non è necessario “che si debba fronteggiare un andamento economico negativo o spese straordinarie”, essendo sufficiente che il licenziamento sia determinato dall’obiettivo di salvaguardare l’attività produttiva, la competitività nel settore in cui l’azienda opera, non escludendo anche le ragioni dirette ad un aumento della redditività.
“Non pare dubbio che spetta all'imprenditore stabilire la dimensione occupazionale dell'azienda, evidentemente al fine di perseguire il profitto che è lo scopo lecito per il quale intraprende.”
In conclusione, nella Sentenza si afferma il seguente principio di diritto: "Ai fini della legittimità del licenziamento individuale intimato per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 della L. n. 604 del 1996, l'andamento economico negativo dell'azienda non costituisce un presupposto fattuale che il datore di lavoro debba necessariamente provare ed il giudice accertare, essendo sufficiente che le ragioni inerenti all'attività produttiva ed all'organizzazione del lavoro, tra le quali non è possibile escludere quelle dirette ad una migliore efficienza gestionale ovvero ad un incremento della redditività dell'impresa, determinino un effettivo mutamento dell'assetto organizzativo attraverso la soppressione di una individuata posizione lavorativa; ove però il licenziamento sia stato motivato richiamando l'esigenza di fare fronte a situazioni economiche sfavorevoli ovvero a spese notevoli di carattere straordinario ed in giudizio si accerti che la ragione indicata non sussiste, il recesso può risultare ingiustificato per una valutazione in concreto sulla mancanza di veridicità e sulla pretestuosità della causale addotta dall’imprenditore”.