
Cass. Legittimitą licenziamento anche in assenza crisi aziendale
Cassazione. Legittimità del licenziamento anche in assenza di crisi aziendale
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 13015/2017, nel confermare recenti decisioni tra le quali la n. 25201/2016, ritiene legittimo il licenziamento di un lavoratore, le cui mansioni non erano state soppresse ma assegnate ad altro dipendente, da parte di una impresa che aveva proceduto a una riorganizzazione aziendale con risultati economici positivi.
Rigetta il ricorso del lavoratore avverso la sentenza della Corte di Appello che - come si legge nella sentenza - nel caso di specie ha accertato la genuinità del riassetto organizzativo che ha portato ad assegnare ad altro lavoratore (già da tempo in servizio e con maggiori carichi di famiglia) le mansioni di responsabile in precedenza espletate dal ricorrente, non rilevando l’eventuale esistenza di utili di bilancio da parte dell’impresa, atteso che in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo il datore di lavoro, nel procedere al riassetto della sua impresa, può ricercare il profitto mediante la riduzione del costo del lavoro o di altri fattori produttivi.
La riorganizzazione aziendale, pur non sindacabile nel merito, deve essere comunque genuina, ossia effettiva e non meramente apparente o pretestuosa.
“Ne consegue – continua la Cassazione - che, in caso di riorganizzazione aziendale, il datore di lavoro – al quale l’art. 41 Cost., nei limiti di cui al comma 2, lascia la scelta della migliore combinazione dei fattori produttivi ai fini dell’incremento della produttività aziendale, non è tenuto a dimostrare l’esistenza di sfavorevoli situazioni di mercato, trattandosi di necessità non richiesta dall’art. 3 della citata legge n. 604 del 1966.”.
“In conclusione, va ribadito che il giustificato motivo oggettivo di licenziamento previsto dall’art. 3 legge n. 604 del 1966 è ravvisabile anche soltanto in una diversa ripartizione di determinate mansioni fra il personale in servizio, all’esito della quale una o più posizioni lavorative risultino in esubero e non riassorbibili in via di c.d. repéchage.”.