
Licenziamento lavoratrice entro un anno del bambino
È illegittimo il licenziamento di una lavoratrice madre entro l’anno di vita del bambino, come previsto dall’art. 54 del T.U. n. 151/2001.
Con la sentenza del 10 giugno 2016, n. 11975, la Corte di cassazione si pronuncia sul caso di licenziamento di una dipendente, madre di un bambino di pochi mesi, respingendo il ricorso proposto dall’azienda per la quale il provvedimento era stato irrogato per “cessazione del ramo d'azienda” ossia il servizio contabilità, in cui la lavoratrice era collocata, che prevedeva una deroga al divieto di licenziamento. Il datore di lavoro avrebbe dovuto far valere tale deroga, ipotesi però esclusa perché non provata.
La Suprema Corte condivide le motivazioni della Corte di Appello secondo la quale la lavoratrice impugnando il licenziamento per violazione dell'art. 54 non doveva fornire ulteriore motivazione dell'illegittimità del licenziamento, spettando invece al datore di lavoro provare e dimostrare la sussistenza di una delle ipotesi previste dall'art. 54 che avrebbero consentito il licenziamento.
In sintesi, come previsto dall’art. 54 del T.U. n. 151/01 la lavoratrice non può essere licenziata dall'inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione dal lavoro, nonché fino al compimento di un anno di età del bambino, tranne che in alcuni casi espressamente indicati dalla norma, ad esempio scadenza del contratto a tempo determinato, cessazione dell'attività dell'azienda cui essa è addetta, colpa grave da parte della lavoratrice o di esito negativo del periodo di prova.
Si ricorda che il D.Lgs. n. 80/2015 (Jobs Act) prevede che nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro per i quali è corrisposta l’indennità di maternità, venga inserita anche l’ipotesi “di colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro”, che si verifichi durante i periodi di congedo di maternità, in attuazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 405/2001.
In precedenza il diritto all’indennità restava solo nel caso di cessazione dell’attività dell’azienda e di ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o per scadenza del termine del rapporto.