
Hai lavorato all'estero? I tuoi contributi non sono perduti: ecco come valorizzarli per la pensione

Maria ha 62 anni e vive a Milano. Dopo una vita di lavoro, finalmente manca poco alla pensione. Ma quando riceve il primo calcolo dall’INPS, resta senza parole: l’importo è molto più basso del previsto.
Come mai? I 18 anni trascorsi come infermiera in un ospedale di Monaco, in Germania, tra gli anni ’80 e ’90 non sono stati valorizzati: risultano esclusi dal sistema previdenziale italiano. Contributi che sembrano non contare nulla.
La sua storia non è sicuramente unica.
Secondo l’ISTAT, al 2022 erano quasi 6 milioni i cittadini italiani abitualmente dimoranti all’estero. Persone che hanno costruito la propria carriera lavorativa tra due o più Paesi. Eppure i contributi maturati all’estero spesso restano “bloccati” nei sistemi previdenziali stranieri, apparentemente inutilizzabili in Italia.
Anni di lavoro che non si sommano automaticamente a quelli versati in Italia, con ripercussioni dirette sulla maturazione dei requisiti minimi per la pensione e sull’importo finale dell’assegno.
Ma la buona notizia è che quei contributi maturati all’estero non sono perduti. Possono diventare la chiave per ottenere una pensione più alta o per andare in pensione prima. Come fare per valorizzare i periodi di lavoro all’estero? Vediamolo insieme.
Come si possono valorizzare i contributi di lavoro all’estero?
Quando parliamo di valorizzazione dei contributi maturati all'estero, ci riferiamo a un complesso sistema di accordi internazionali e normative europee che permettono di "far dialogare" i diversi sistemi previdenziali nazionali.
In Europa intervengono i regolamenti comunitari grazie ai quali gli anni di lavoro in un altro Stato UE vengono considerati validi anche in Italia. Ogni Paese in cui si è lavorato pagherà una quota della pensione, calcolata in base ai contributi effettivamente versati.
Il concetto chiave è la totalizzazione: un meccanismo che consente di sommare i periodi di lavoro in diversi Stati per raggiungere i requisiti minimi pensionistici, e in molti casi aumentare l’importo dell’assegno pensionistico.
Per spiegarlo meglio possiamo immaginare ai contributi come a pezzi di un puzzle: attraverso la totalizzazione è possibile unire tutte le parti ed ottenere il quadro lavorativo completo, anche laddove sia stato vissuto in più Paesi.
Extra UE, invece, intervengono gli accordi bilaterali che l’Italia ha sottoscritto con oltre 20 Paesi (ex. Argentina, Brasile, Uruguay, Stati Uniti, Canada, Australia, etc.). Anche in questo caso interviene un meccanismo analogo alla totalizzazione europea.
In alcuni casi, infine, si può accedere ad altre forme di valorizzazione: il cumulo gratuito dei contributi versati in diverse gestioni (in Italia e all’estero), oppure la ricongiunzione, che permette – in presenza di requisiti precisi – di trasferire i contributi da un Paese all’altro, anche se con eventuali costi da valutare con attenzione.
A chi può interessare la valorizzazione dei contributi di lavoro maturati all’estero?
La possibilità di valorizzare i contributi versati all’estero riguarda un numero sempre maggiore di persone, accomunate da una vita lavorativa vissuta tra confini, lingue e sistemi previdenziali diversi.
Parlando di cluster, sono 3 le principali categorie a cui interessa la valorizzazione dei contributi esteri:
1. Lavoratrici e lavoratori emigrati
Chi ha trascorso parte della propria vita e carriera lavorativa all’estero, sia per necessità economiche che per scelte professionali, può trasformare quegli anni di lavoro in contributi preziosi ai fini pensionistici.
Parliamo non soltanto di cittadini italiani emigrati negli anni ’60 - ’80, ma anche delle nuove emigrazioni più recenti (per fare un esempio, chi lascia l’Italia per avere una carriera come ricercatore) e di lavoratori stagionali.
2. Lavoratrici e lavoratori stranieri in Italia
Anche chi è arrivato in Italia dall'estero può valorizzare i contributi maturati nel Paese d'origine. In particolare:
- cittadini europei che hanno lavorato prima nel loro Paese di origine;
cittadini extra-UE provenienti da Paesi con accordi bilaterali con l'Italia;
- lavoratrici e lavoratori che hanno avuto carriere internazionali prima di stabilirsi in Italia.
3. I frontalieri
Infine, chi vive in una zona di confine e lavora quotidianamente oltre frontiera ha diritto a far valere tutti i contributi maturati per la pensione nel Paese di residenza.
Come avviene nella pratica la valorizzazione dei contributi esteri?
Per capire con esattezza se esistono – e, nel caso, quali – contributi di lavoro maturati all’estero è necessario iniziare da una vera e propria analisi della carriera lavorativa internazionale.
Nel concreto?
Si inizia recuperando la documentazione lavorativa estera, si richiedono i certificati contributivi nei Paesi in cui si è svolta attività lavorativa, e, infine, si verifica la posizione assicurativa italiana. Più è completa e precisa questa fase, più rapido e accurato sarà il calcolo della pensione.
Solo successivamente si procede a valutare le possibili opzioni per valorizzare i contributi maturati all’estero. Ogni situazione è di fatto unica e va esaminata nel dettaglio per trovare la soluzione migliore.
Affidarsi ad un consulente esperto è fondamentale in questa fase. Permette, infatti, di procedere ad una corretta valutazione dello strumento più vantaggioso sul caso concreto (totalizzazione, cumulo, ricongiunzione), le tempistiche, eventuali costi da sostenere e altre implicazioni fiscali. L’obiettivo è costruire una strategia previdenziale su misura, in grado di valorizzare davvero il singolo percorso di lavoro all’estero.
Solo alla fine si procede con l’invio delle domande agli enti previdenziali italiani ed esteri mantenendo un costante monitoraggio di tutto l’iter di modo da intervenire tempestivamente se sarà necessario.
Il valore del nostro Patronato: competenza ed esperienza nella valorizzazione dei contributi di lavoro esteri
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