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Ital Friuli Venezia Giulia - Appello per la cittadinanza

03/06/2013

COMUNICATO STAMPA

ITAL FRIULI VENEZIA GIULIA
APPELLO PER LA CITTADINANZA

Tre volontarie del Servizio Civile dell’ITAL in Friuli hanno inviato agli eletti in Parlamento Italiano nella Regione il seguente appello:

Illustri Parlamentari,
siamo tre volontarie che hanno scelto di dedicare un anno della propria vita al Servizio Civile Nazionale, all’interno del progetto “BenEssere Integrati” presso le sedi del Patronato ITAL UIL di Pordenone e Trieste. Il progetto in questione si rivolge al mondo dell’immigrazione, con l’obiettivo di sostenere queste persone nell’affrontare le problematiche sanitarie e nell’esercizio dei propri diritti, in particolare quelli relativi appunto all’assistenza sanitaria. Abbiamo scelto di intraprendere questa modalità di difesa della patria perché crediamo fermamente nel ruolo della società civile per la prevenzione dei conflitti e nell’importanza del dialogo e del confronto come arma davvero efficace alla salvaguardia della convivenza pacifica in una modernità sempre più complessa, dov'è l’adempimento del dovere di solidarietà, sancito dall’articolo 2 della Costituzione, la carta vincente per mantenere in salute la Repubblica.
Alla luce della nostra esperienza ci appelliamo a Voi perché oggi più che mai non ci sentiamo sicure. Non ci sentiamo sicure ogni volta che ci troviamo di fronte alle tante ingiustizie sofferte dagli stranieri, sempre un po’ meno “uguali” degli altri, sempre un po’ più sudditi che cittadini in quest’Italia che non sembra mai pronta ad affrontare questa sfida importante nonostante la sua storia, la giurisprudenza delle Convenzioni internazionali, la vocazione internazionalista della Carta Costituzionale su cui si fonda la Repubblica italiana. Ci sentiamo insicure nel sapere che la condizione giuridica dello straniero non sia di fatto regolata da una legge organica in conformità con le norme dei trattati internazionali; non ci sentiamo sicure con una normativa in materia che si è costruita considerando l’immigrazione come problema sociale anziché come ricchezza per la società.
Soprattutto non ci sentiamo rappresentate nel vivere in una Repubblica che non riconosce i ragazzi nati in Italia, o arrivati da piccoli, quali suoi figli. L’articolo 3 della Costituzione, linfa vitale del grande albero che affonda le sue radici nell’antifascismo, sancisce il principio di uguaglianza tra gli individui, impegnando lo Stato a rimuovere gli ostacoli che ne impediscano il pieno raggiungimento ed il pieno sviluppo della persona umana: come può un frutto crescere sano e maturare se privato della propria linfa? Finché a questi giovani sarà negato di sentirsi pienamente italiani, saremo tutti italiani a metà in un’Italia mutilata che esclude della cittadinanza una parte importante dei suoi membri. Si tratta di studenti, lavoratori, sportivi, ragazzi e ragazze che, con lo stesso impegno dei coetanei di origine italiana, partecipano attivamente e con altrettanta passione allo sviluppo socio-culturale della nostra nazione senza però la possibilità di partecipare al governo dello stato, deciderne i propri rappresentanti, firmare un referendum, nonché partecipare ai concorsi pubblici, intraprendere certe professioni o, come noi, scegliere di dedicare un anno di lavoro al paese che riconoscono loro Patria attraverso il Servizio Civile. Per non parlare dei numerosi problemi di ordine sociale, ma anche burocratico, che incontrano le famiglie estere durante il percorso scolastico: in balia delle pratiche di rinnovo del permesso di soggiorno e delle difficoltà nell’accedere agli studi superiori, doppia rispetto ai compagni italiani. Non possiamo essere serene quando notiamo da parte delle istituzioni un disinteresse a tutelare le nuove generazioni e i migranti in generale, quando vediamo cavalcare le paure xenofobe in nome di tornaconti elettorali e del mantenimento di uno status quo molto distante da quello reale. L’Italia ad oggi è agli ultimi posti in materia di cittadinanza, ancorata all’antica legge dello ius sanguinis ormai superato dalla legislazione della maggior parte degli stati europei, le cui dottrine si stanno da tempo adattando alle esigenze dell’essere umano in un mondo sempre più globalizzato. Eppure crediamo che il nostro Paese, crogiolo di popoli mescolatisi dall’antichità fino ad oggi, proprio perché più di altri ha vissuto il fenomeno dell’emigrazione e le sue terribili trame, possa diventare modello esemplare di inclusione piuttosto che di esclusione, di tutela dei diritti attraverso l’introduzione dello ius soli per chi nasce in Italia tramite la definizione di regole più adatte e di un iter più snello nei confronti di coloro che hanno scelto l’Italia quale luogo di realizzazione personale. Per questo ci appelliamo a Voi, nostri rappresentanti nelle Istituzioni, affinché Vi operiate in tal senso, fermamente convinte che soltanto tramite il riconoscimento di queste generazioni sia possibile creare una società sana e, pertanto, davvero sicura. Sappiamo bene che la soluzione non sarà dettata solamente dal possedere un documento che assicura pari diritti e doveri, ma riteniamo che questo debba essere il primo forte segnale di umanità e responsabilità da parte dello Stato. Un appello all’integrazione vera, che non può e non deve essere unidirezionale ma va costruita assieme, garantendo le stesse condizioni di partenza a tutti coloro i quali condividono lo stesso territorio dalla tenera età.
29 maggio 2013

Debora Damiano
Sara Moretton
Giulia Bigazzi

Il Vice Presidente dell’ITAL. Alberto Sera, ha così commentato: “sono rimasto pieno di ammirazione di fronte al testo dell’appello per la cittadinanza. Sono parole piene di dignità, di civiltà, di saggezza che dimostrano il loro impegno di servizio civile denso di sostanza come sicuramente sarà la loro vita presente e futura. Le ringraziamo molto perché con il loro lavoro danno un senso anche alle scelte di vita che sindacalisti come me hanno fatto qualche decennio fa.

UFFICIO STAMPA ITAL UIL


Roma, 3 giugno 2013