Dal bilancio sociale, una prospettiva: serve una riforma del sistema dei Patronati
DAL BILANCIO SOCIALE, UNA PROSPETTIVA: SERVE UNA RIFORMA DEL SISTEMA DEI PATRONATI
Intervista al Presidente Ital, Giuliano Zignani
Presidente, perché l’Ital ha deciso di presentare un documento così particolare come quello del bilancio sociale?
Gli Istituti di patronato, come sappiamo, svolgono una funzione di pubblica utilità vitale per il benessere sociale. Oggi, però, ci troviamo di fronte a nuove sfide che occorre affrontare sulla base di un nuovo paradigma e con approcci innovativi e moderni. Un bilancio siffatto ha lo scopo di rendere ancor più trasparente l’attività svolta, facendo emergere anche alcuni aspetti relazionali, che vanno al di là dei numeri, e sottolineando il valore dell’attenzione alle persone. Quel documento, dunque, è anche l’occasione per condividere alcune considerazioni sul futuro dei Patronati in Italia e all’estero. Viviamo in un momento storico che richiede una riflessione profonda e lungimirante sul nostro ruolo, su come possiamo rinnovarci per continuare a essere un punto di riferimento per milioni di cittadini, senza mai perdere di vista la nostra missione centrale: tutelare le persone e accompagnarle nel percorso di riconoscimento dei loro diritti.
È giunto il tempo, allora, di attuare una riforma del sistema?
Ne siamo convinti, tant’è che abbiamo già avviato un ragionamento costruttivo per proporre una riforma del sistema dei Patronati che, se ben realizzata, potrebbe rendere i nostri enti più efficienti, più vicini alle persone e pronti a rispondere ai nuovi bisogni della società. La necessità di una riforma è stata riconosciuta anche dalle Istituzioni. Eppure, nonostante questi segnali incoraggianti, mancano ancora azioni concrete per renderla effettiva. Nel frattempo, il nostro sistema di welfare e le esigenze dei cittadini si stanno trasformando rapidamente, ponendoci di fronte a nuovi scenari che dobbiamo essere pronti ad affrontare.
Occorrerebbe immaginare, dunque, anche un ampliamento del ruolo dei Patronati?
Dobbiamo affermare e rivendicare che il Patronato non è solo un intermediario tra i cittadini e la Pubblica amministrazione, ma deve essere considerato un partner del Governo. Questo significa che non dobbiamo limitarci a gestire le pratiche burocratiche, ma dobbiamo assumere un ruolo attivo nella programmazione e nella progettazione condivise dei servizi di assistenza. Dobbiamo guidare il percorso di tutela e supporto per i cittadini, soprattutto per quelli più vulnerabili, e lo dobbiamo fare insieme alle articolazioni statali, a partire dai comuni e in particolare con i servizi sociali. Su queste basi sono fondati i servizi che noi offriamo, dedicando alle persone il tempo necessario e dando loro le risposte di cui hanno bisogno.
Tutto ciò presuppone, però, un passo avanti dal punto di vista organizzativo e, soprattutto, della rappresentanza. È così?
Il Patronato è ormai diventato un punto di riferimento per le persone che devono orientarsi tra molteplici norme in continua evoluzione e che chiedono di essere assistite nella fruizione di servizi idonei a rispondere alle loro esigenze. È un pilastro del welfare, presente su tutto il territorio nazionale, anche in contesti più difficili, dalle periferie delle grandi città ai piccoli comuni dell'entroterra del Paese. In una società che taglia lo stato sociale, noi rappresentiamo e realizziamo un’idea di welfare giusto ed efficace, dando forma alla sintesi tra bisogni, azione governativa ed erogazione universale dei servizi. Per queste ragioni, serve avere quello stesso coraggio che ha avuto la UIL nell’accettare la sfida della rappresentanza, scegliendo di farsi contare. Dobbiamo avere il coraggio di entrare nel merito della questione per definire chi è un vero Patronato e chi, al contrario, è solo una facciata che nulla rappresenta e nulla garantisce se non i propri interessi.
Oltreché su un criterio numerico e quantitativo su cos’altro dovrebbe basarsi questa valutazione?
La trasparenza diventa un elemento cruciale: la qualità del servizio offerto dai Patronati deve essere garantita e certificata. Proponiamo perciò l’introduzione di indicatori di qualità che permettano di misurare in modo rigoroso l’efficacia delle nostre attività e il grado di soddisfazione dei cittadini. Questo non solo migliorerebbe la nostra reputazione, ma ci permetterebbe di identificare le aree in cui è necessario intervenire per migliorare ulteriormente la qualità dei servizi offerti. Inoltre, non possiamo limitarci a misurare i risultati immediati delle nostre azioni, ma dobbiamo guardare oltre, valutando l’effetto che il nostro lavoro ha sulla vita delle persone, a lungo termine. Proponiamo perciò di avviare anche un progetto di valutazione di tale impatto, in collaborazione con enti accreditati, che ci permetta di misurare gli effetti sociali ed economici delle nostre attività e di migliorarle costantemente in base ai risultati ottenuti.
Insomma, se capisco bene, l’Ital chiede che sia garantita una certificazione di qualità su cosa sia un Patronato e cosa non lo sia?
Esatto. Devono essere approntati controlli e strumenti di verifica per evitare che soggetti senza certificazioni possano esercitare questa funzione, semplicemente alzando una serranda come fossero negozi qualunque e sfuggendo al controllo degli organi preposti. Tutto ciò non solo a svantaggio della qualità dei servizi, ma soprattutto a danno delle istanze e dei diritti delle persone che, inconsapevolmente o illudendosi di aver trovato una via breve, si sono affidate a chi non ha i titoli né le capacità né, a volte, la deontologia che sono richiesti per tale attività.
Alla luce di queste riflessioni, come immagini il Patronato del futuro?
Penso a una sorta di playmaker del welfare che continui a mettere le persone al centro del proprio operato: non dobbiamo mai cambiare questa missione. E quando parlo di ‘persona’, non mi riferisco solo al lavoratore o al pensionato, ma a tutti coloro che si trovano in situazioni di fragilità: a chi ha perso il lavoro, a chi vive una situazione di disagio o di disabilità, a chi si trova in condizioni di povertà o marginalità sociale. Il nostro compito è prenderci cura di queste persone, non solo assistendole nelle pratiche amministrative, ma anche accompagnandole lungo un percorso di diritti e di reintegrazione sociale. Il Patronato del futuro deve diventare un punto di riferimento per queste persone, un alleato che li aiuti a uscire da situazioni di difficoltà e a ritrovare una stabilità economica e sociale.
Corollario di questo ragionamento è anche una rivisitazione del rapporto con le Istituzioni: cosa pensi debba cambiare da questo punto di vista?
La nostra collaborazione con il governo e con gli enti locali deve essere rafforzata, ma non può più essere un rapporto di mera esecuzione delle decisioni prese altrove. Dobbiamo essere coinvolti nella fase decisionale, contribuendo – lo ribadisco - alla progettazione delle politiche sociali e delle strategie di welfare. Solo così possiamo garantire che i servizi offerti siano realmente adeguati ai bisogni delle persone che assistiamo, perché siamo tra i primi ad ascoltare le loro vere esigenze. E allo stesso tempo, dobbiamo intraprendere anche percorsi formativi affinché la nostra attività sia sempre al passo con i cambiamenti della società.
L’innovazione è inarrestabile e le tecnologie digitali sono ormai avveniristiche. Come si pone l’Ital di fronte a questa trasformazione epocale?
La digitalizzazione non è più una scelta, ma una necessità. Se non vogliamo esserne travolti, dobbiamo attuarla e implementarla. Già da tempo stiamo utilizzando sistemi informatici per migliorare l’efficienza del nostro lavoro, ma dobbiamo fare un passo in più. Dobbiamo pensare a un sistema basato su algoritmi e intelligenza artificiale per le nostre attività, un’innovazione che potrebbe rivoluzionare il modo in cui operiamo. Questo sistema permetterebbe di monitorare in tempo reale le pratiche gestite dai Patronati, riducendo il carico di lavoro degli ispettori e garantendo, al contempo, una maggiore trasparenza e un controllo più accurato. Grazie a questa innovazione, potrebbero essere liberate tante risorse da reindirizzare verso attività più strategiche, come la formazione del personale, il miglioramento dei servizi di consulenza e assistenza o l’ampliamento della nostra presenza sul territorio.
In conclusione, e riassumendo, quali sono le prospettive del Patronato e, nello specifico, dell’Ital?
Il Patronato del futuro dovrà essere un’organizzazione dinamica, capace di rispondere ai cambiamenti della società ma, dove possibile, deve anche essere in grado di anticiparli. Il nostro compito sarà quello di continuare a svolgere un ruolo di tutela dei diritti della persona, ma con una visione moderna, che sfrutti tutte le opportunità offerte dalla digitalizzazione e dall'innovazione tecnologica. Dobbiamo essere pronti ad adattarci ai nuovi bisogni emergenti della società, rafforzando la nostra presenza sul territorio, migliorando la qualità dei servizi e garantendo un accesso più facile e trasparente ai diritti. Tutto ciò richiede una nuova visione, una riforma strutturale che ci consenta di collaborare con le Istituzioni in un processo condiviso di programmazione e progettazione che metta realmente al centro la persona e il benessere della collettività.