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Corte di Cassazione: casi di illegittimitą del licenziamento

19/04/2018

 

 

Si segnalano due recenti sentenze della Corte di Cassazione riguardo la illegittimità del licenziamento del lavoratore, in relazione a diverse situazioni.

 

Licenziamento per giusta causa: il giudice deve accertare entità e gravità del caso concreto

 

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9339 del 16/4/2018, ha stabilito la illegittimità del licenziamento irrogato per assenza ingiustificata protrattasi per oltre tre giorni del lavoratore, il quale aveva fatto richiesta di ferie per ragioni familiari per il periodo in cui si era assentato, senza che il datore di lavoro gli avesse risposto.


È stato così accolto il ricorso del lavoratore contro la sentenza della Corte d’Appello che aveva rigettato la domanda di impugnativa del licenziamento, avendo il giudice emesso la propria decisione senza procedere alla valutazione della gravità del licenziamento in un necessario giudizio di comparazione delle reciproche condotte sotto il profilo della correttezza e buona fede. Peraltro il datore di lavoro non aveva dato riscontro alla richiesta del dipendente di fruizione di ferie (motivata da "gravi ed improrogabili esigenze familiari", cui ha fatto seguito, dopo qualche giorno, il decesso del proprio padre).

 

La Cassazione ribadisce il principio che le clausole della contrattazione collettiva che prevedono per specifiche inadempienze del lavoratore la sanzione del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo (come nel caso in esame) non esimono il giudice dall'obbligo di accertare in concreto la reale entità e gravità delle infrazioni addebitate al dipendente nonché il rapporto di proporzionalità tra sanzione e infrazione, tenendo conto delle circostanze del caso concreto e della portata soggettiva della condotta.


No al licenziamento della dipendente depressa in malattia che partecipa a una manifestazione


È illegittimo il licenziamento di una lavoratrice che, pur essendo assente per malattia a causa di un gravissimo stato di prostrazione psico-fisica, aveva partecipato a una manifestazione di protesta.

 

Lo ha deciso la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 7694/2018, chiamata a pronunciarsi su questo caso assai particolare, rigetta il ricorso del datore di lavoro confermando la sentenza della Corte di Appello che aveva dichiarato la nullità del licenziamento e ordinato la reintegra della lavoratrice nel suo posto di lavoro.

 

La Corte distrettuale osservava infatti che la contestazione del datore di lavoro aveva riguardato la simulazione di uno stato di malattia per avere la lavoratrice, durante il periodo di assenza, preso parte ad una manifestazione, mentre al contrario la sussistenza del gravissimo stato di depressione, provato attraverso dei referti dei medici INPS, confermava comunque uno stato impeditivo della prestazione lavorativa, compatibile con la partecipazione alla manifestazione, e che, pertanto, era da escludersi la simulazione di una malattia.


La Suprema Corte si uniforma così al giudizio di secondo grado, reputando non fraudolenta l’assenza dal lavoro e compatibile con la condotta della dipendente.