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Congedo maternitā/parentale utile per progressione di carriera

27/03/2018

 

 

Con una importante sentenza la n. 841/2018, la Corte d’Appello di Venezia, richiamando la Sentenza della Corte di Giustizia UE 595/2014, ha stabilito che è da considerare discriminatorio il comportamento del datore di lavoro che non conteggia, ai fini dell’avanzamento di carriera, i periodi di fruizione del congedo di maternità e di quello parentale.


Viene così rigettato l’appello della società datrice di lavoro avverso la sentenza del Tribunale che aveva accertato la natura discriminatoria della mancata attribuzione alla lavoratrice madre del 4° livello impiegatizio, secondo il CCNL del personale di terra del trasporto aereo e delle attività aeroportuali.

 

La discriminatorietà del comportamento tenuto è dimostrata altresì dal fatto che le assenze per malattia di altri dipendenti sono state computate ai fini del servizio per la progressione di carriera, in quanto, come ritiene arbitrariamente l’azienda, si tratta di assenze di per pochi giorni che non hanno alcuna incidenza ai fini dell'acquisizione dell'esperienza prevista dalla contrattazione collettiva, mentre, al contrario, le assenze per congedo di maternità perdurano per mesi (o, come nella vicenda in esame, per un anno e mezzo circa!).

 

Rileva la Corte d’Appello che la contrattazione collettiva non richiede l'effettiva presenza in servizio del lavoratore quale presupposto per il decorso dei periodi di attestazione, ai fini della progressione nella carriera.

Ciò conferma che, diversamente da quanto asserito dalla società appellante, non sussiste alcuna disposizione contrattuale in base alla quale i periodi di attestazione necessari per il conseguimento del superiore inquadramento sarebbero solo quelli effettivamente lavorati.

 

Inoltre, l'art. 23 del contratto relativo alla "Tutela della maternità" conferma che l'assenza collegata alla gravidanza, alla maternità e al periodo di congedo parentale debba essere computato a tutti gli effetti nell'anzianità di servizio.

 

Viene altresì richiamata la sentenza n. 595 del 6.3.2014 della Corte di Giustizia, che pronunciandosi sulla compatibilità con la direttiva 2006/54/CE (riguardante l 'attuazione del principio di pari opportunità e di parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e impiego) ha tra l’altro affermato che l'art.15 della direttiva prescrive appunto che "alla fine del periodo di congedo di maternità la donna ha diritto di riprendere il proprio lavoro o un posto equivalente secondo termini e condizioni che non le siano meno favorevoli, e a beneficiare di eventuali miglioramenti delle condizioni di lavoro che le sarebbero spettati durante la sua assenza".