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Sindrome da talidomide e maggiorazione contributiva

14/11/2017





L’Inps, con il messaggio n. 4274 del 31 ottobre 2017, precisa che per i soggetti affetti da “sindrome da talidomide” la maggiorazione contributiva di cui all’art. 80, comma 3 della legge n. 388/2000, deve essere attribuita, a domanda, ai fini pensionistici, dall’inizio dell’attività lavorativa per il servizio prestato nella condizione invalidante presso pubbliche amministrazioni o aziende private o cooperative, nel limite massimo di cinque anni.

Si tratta del beneficio di due mesi di contribuzione figurativa, riconosciuto per ogni anno di servizio, ai lavoratori sordomuti e agli invalidi per qualsiasi causa con una invalidità superiore al 74% o ascritta alle prime quattro categorie della Tabella A allegata al DPR n. 915/1978.

In particolare, si ricorda nel messaggio che la sindrome da talidomide è una sindrome malformativa congenita, causata dall’assunzione dell’omonimo farmaco durante la gravidanza, che si estrinseca clinicamente in una menomazione permanente dell’integrità psico-fisica nelle forme dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e della macromelia.

Il giudizio sanitario sul nesso causale tra la somministrazione del farmaco talidomide in gravidanza e le lesioni o l’infermità da cui è derivata la menomazione permanente del soggetto è espresso, entro 90 giorni dal ricevimento della documentazione, dalla Commissione medico-ospedaliera (CMO) che si pronuncia anche sulla classificazione delle lesioni e delle infermità (secondo la tabella A allegata al DPR n. 915/78).

Pertanto, in presenza di idonea documentazione sanitaria che accerti la condizione malformativa con ascrizione della stessa ad una delle prime quattro categorie tabellari, la maggiorazione contributiva verrà attribuita, a domanda, ai fini pensionistici, dall’inizio dell’attività lavorativa.

 

 


 

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