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16 luglio 2014 Numero 5 Anno I

 

Sangue italiano

Roberto Perrone - Corriere della Sera - 21 giugno 2014

Qui sono cittadini brasiliani, ma il sangue è italiano. Caxias, 120 chilometri di saliscendi da Porto Alegre, all’interno del Rio Grande do Sul: giovedì c’erano zero gradi. Praça Dante Alighieri, Avenida Italia, il caffè Pasinato, la chiesa di San Pelegrino con quadri e affreschi del pittore bergamasco Aldo Locatelli. Qui c’è chi per passione produce il parmigiano.

In tutti i ristoranti, per cominciare, ti portano la polenta fritta (e guai a non rimpiazzarla velocemente quando finisce) e i cappelletti in brodo. «Gli italiani arrivarono qui dal 1865. Il Brasile del Sud era praticamente disabitato e il governo voleva formare un cuscinetto contro gli Stati confinanti. Fece un accordo con la Germania e poi con l’Italia. I tedeschi arrivarono prima e si presero le pianure, gli italiani dopo e salirono verso la serra». Caxias do Sul fu fondata il 20 giugno 1890 e un grande monumento commemora coloro che trasformarono queste terre spezzandosi la schiena. Plinio mi parla in «Taliano», cioè dialetto veneto: il 65 per cento degli immigrati veniva da Veneto e Friuli. Gente tosta: hanno compiuto il miracolo del Nord-Est decine di anni prima che accadesse in Italia. Solo un esempio: tutti i bus ufficiali del Mondiale vengono da Caxias, dall’azienda leader «MarcoPolo» di Paulo Bellini. Prima della crisi ne metteva in strada 160 al giorno. Ora un po’ meno, ma restano tanti. Il signor Vigilio è nato a Torino (da Piemonte e Lombardia il resto degli immigrati) ed è arrivato subito dopo la Seconda guerra mondiale. «Siamo sbarcati nel porto di Santos e abbiamo fatto due giorni e mezzo di treno, passando Capodanno nel vagone». Commerciante, a 62 anni si è laureato in Legge. È stato presidente del Caxias e ha firmato il primo contratto da calciatore con Luiz Felipe Scolari che è di Passo Fundo, non distante da qui.