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18 Gennaio 2016 Numero 45 Anno III

 

stranieri a comparti

Confermato anche da IDOS nel Dossier Statistico Immigrazione 2015, gli immigrati, componente debole della popolazione, pagano la crisi in maniera particolarmente dura. Perdono il lavoro, e soprattutto gli extracomunitari, a causa della loro condizione di “straniero”, sono obbligati ad accettare qualsiasi tipo di attività, a qualsiasi condizione, purchè possano rinnovare il permesso di soggiorno e continuare a risiedere nel nostro paese.

Gli immigrati, in misura maggiore rispetto agli italiani, sono contrattualmente sottoinquadrati, sono segregati in pochi settori lavorativi e in specifiche attività perlopiù non professionali, percepiscono retribuzioni più basse. Eppure gli immigrati, ormai “specializzati” a svolgere specifiche mansioni a seconda della nazionalità, sono inseriti in quei settori lavorativi fondamentali per lo sviluppo del nostro paese e per il mantenimento di una parte del welfare a cui lo Stato non è più in grado di contribuire. Parliamo del comparto dei servizi, in cui sono impiegati la maggior parte degli immigrati (generalmente filippini, peruviani, ecuadoriani, moldavi, bengalesi e cinesi), e al suo interno il lavoro domestico e di cura alla persona, i servizi di pulizia alle imprese, il settore turistico alberghiero e il commercio. Parliamo anche del comparto dell’industria (albanesi, tunisini e marocchini), prevalentemente il settore edile, e del comparto agricolo e agroalimentare (macedoni, indiani e tunisini). Il Quinto Rapporto annuale. I migranti nel mercato del lavoro in Italia rivela anche un’asimmetria del trend occupazionale tra le diverse nazionalità straniere: la partecipazione al lavoro della comunità filippina, peruviana, cinese, moldava e ucraina risulta infatti molto elevata rispetto a gruppi etnici come marocchini, tunisini, albanesi e pakistani che al contrario registrano alti tassi di disoccupazione. (Maura Tabacco)