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15 Ottobre 2015 Numero 37 Anno II

 

"pane e maggiolino"

Giulia Pesce - Il Venerd́ - 16 ottobre 2015

“Il primo italiano mai assunto alla Wolskswagen riuscì nell’impresa grazie all’abilità tutta meridionale di arrangiarsi. Oggi […] è un pensionato ancora fedelissimo all’industria a cui ha dedicato la vita. Se non lo si sentisse parlare sembrerebbe un perfetto tedesco e anche le ragioni con le quali difende il futuro della macchina del popolo sembrano più di stampo teutonico che meridionale. […] Annese oggi ha settantotto anni, lasciò Alberobello, nelle Puglie, nel 1958. Vive in una casa di campagna che si costruì poco fuori Wolfsburg.

Quando lasciò Alberobello con un contratto di sei mesi come agricoltore – Gastarbeit, lavoratore ospite della Germania – approfittò dell’accordo firmato esattamente sessant’anni fa tra il governo italiano e quello della Repubblica federale tedesca per il reclutamento e il collocamento di manodopera italiana in Germania. […]
Annese, il primo italiano a lavorare in Wolskswagen […] divenne presto anche il primo straniero a entrare nel Consiglio di fabbrica, un sindacato interno che include, attraverso un sistema di consultazione molto capillare, gli operai anche nella gestione della fabbrica. Era il 1965 e il numero di italiani intanto aveva cominciato a crescere. […] E così la fabbrica del Maggiolino dal 1962 iniziò ad assumere italiani che rimasero l’unico gruppo straniero negli stabilimenti fino al 1970, quando la Wolskswagen aprì anche a lavoratori tunisini. […]
Gli abitanti di Wolfsburg sono circa 125 mila, di cui quasi 30 mila impiegati alla VW, che ha in tutto 57 mila dipendenti. I ritmi della città e del traffico sono legati agli orari dei tre turni che coprono le 24 ore. […]
Ci si avvicina sempre più all’utopia della fabbrica integrale, quella che si occupa dei lavoratori anche quando hanno finito il turno: soddisfazione dei lavoratori, cura della salute e del tempo libero sono gli obiettivi di chi crede che l’identificazione dell’operaio con la fabbrica sia la strada obbligata per la crescita della produttività. «Quel che fecero per noi la dice lunga» racconta Annese. «Dopo di me il numero di italiani crebbe enormemente. La Wolskswagen allora decise di organizzare, per le vacanze estive e natalizie, treni diretti verso il sud Italia. […] Partivano vagoni carichi di aspettative e di doni destinati alle famiglie, per tornare dopo due settimane con la nostalgia che si può immaginare».
Dai 3.188 operai assunti nel 1962 la crescita fu impressionante. Si arrivò nel 1970 a contare 7.383 italiani. […] «Per molti Gastarbeiter era ormai un’esigenza potersi radicare in Germania e ricongiungersi con i parenti al Sud. Fu così che la Wolskswagen decise di abbattere le baracche del Berliner Brucke, per costruire palazzine dove potessero essere accolte anche le famiglie. Fu allora che la presenza di italiani in VW non coincise più con il numero di italiani residenti in città». Nel 1975 i nostri lavoratori erano 2.928 mentre la comunità residente in città superava le 6.600 unità. Oggi gli italiani del comune di Wolfsburg sono circa 8 mila di cui 1.570 in fabbrica.”