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15 Ottobre 2015 Numero 37 Anno II

 

il giovane expat

Emigrare non è più un bisogno è un desiderio. Il Dossier 2015 della Fondazione Migrantes ci restituisce una visione positiva e produttiva della mobilità che si lascia alle spalle l’ormai obsoleta visione italiana di una “emigrazione dei più poveri” costretta per molto tempo dalle condizioni di fame e guerra.
Al migrante con la valigia di cartone si sostituisce oggi il “giovane Expat”: un esercito di ragazzi in movimento che si riconoscono nella generazione dei Millennials che vivono intrappolati nel paradosso di essere bravi ma non avere prospettive.

Istruiti, altamente specializzati, viaggiano per studio e per lavoro e non amano perdere tempo, partono scegliendo perlopiù mete europee. Cresciuti con il paradigma dell’euro-mobilità, che gli ha permesso di gestire gli studi anche lontano da mamma e papà, questa loro attitudine a essere “euromobili” cela però nel profondo una forte nostalgia di casa, degli affetti, anche se in pochi si dichiarano disposti a tornare indietro.
La maggior parte degli studenti che decidono di studiare lontano da casa lo fa con in mente un progetto di studi almeno di un anno (nei primi sette mesi del 2015 sono stati 1.129 gli studenti che hanno trascorso un anno all’estero), mentre gli studenti stranieri che hanno studiato in Italia con Intercultura nei primi sette mesi di quest’anno sono stati, in media, più di cento al mese (778 al 6 luglio 2015).
In generale il titolo di studio posseduto dai ragazzi è stato più efficace per lavorare all’estero (in termini di corrispondenza tra titolo conseguito e professione svolta) sia per gli italiani che sono emigrati, sia per i ragazzi stranieri che hanno trovato occupazione in Italia, confermando inoltre un’amara verità: lavorare all’estero appaga di più. Dai sondaggi emerge infatti che i laureati impiegati all’estero sono più appagati per guadagni e carriera, flessibilità dell’orario di lavoro e per il prestigio che ricevono dal lavoro.
Un’indagine web di Almalaurea ha inoltre rilevato quali sono le principali motivazioni che spingono a emigrare (a distanza di cinque anni dalla laurea) individuando tra le cause di mobilità: la “Mancanza di opportunità” (38,3%), le “offerte di lavoro all’estero” (23,8%), gli studi (15,6%), i motivi personali (14,7%) e, per una parte residuale degli intervistati il motivo del trasferimento all’estero è avvenuto a seguito di “richiesta da parte dell’azienda per cui lavorava in Italia” (6,8%).
Regno Unito (16,5%), Francia (14,5%), Germania (12%) e Svizzera (12%) sono i paesi più attrattivi sotto il profilo lavorativo. Europa ma anche America: un 10% vive oltreoceano.
La comunità italiana all’estero conta più di 4milioni e mezzo di persone e l’incidenza degli iscritti all’AIRE sul totale della popolazione italiana è del 7,6%. Emigrano perlopiù uomini (2.408.683), in numerosi sono nati all’estero (1.818.158) e pochi sono coniugati (37,7%). La Sicilia resta la Regione con il più alto tasso di emigrati (713.483 persone), seguono la Campania (463.239), il Lazio (410.255) e la Calabria (382.132).
Per ogni ingresso in Italia, in tre lasciano il Paese. Questo è quanto emerge dalla mappa dei flussi che registra, anche per quest’anno, una crescita di italiani che vanno via: ai 33 mila ingressi dello scorso anno corrispondono 101mila fughe all’estero (+3,3% rispetto al 2014). E tra le mete del passaparola di chi cerca e trova lavoro spicca una meta insolita: gli Emirati Arabi. (Silvia La Ragione)