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7 Ottobre 2015 Numero 37 Anno II

 

la democrazia del mai pił

“Fare prevalere una mentalità aridamente ragionieristica che elimina il sogno della politica è solo il rovescio della ingiuria che prepara, in realtà, il terreno per il suo successo. Per questa ragione, l’insulto e la burocrazia algida della politica ridotta ad amministrazione sono due facce della stessa medaglia”. Anche gli intellettuali, come Massimo Recalcati su La Repubblica, scendono in campo contro il modo sprezzante con cui in politica si trattano gli avversari e il sindacato.

Lo scrittore Alessandro Robecchi, su Il Fatto Quotidiano, costruisce un lungo articolo intitolato “Senti come parla: parole afflitte da renzismo” in cui riprende una definizione di Pierre Bourdieu “Linguaggio autoritario”, cioè parole che si impongono per la loro stessa forza senza bisogno che i contenuti le confermino o le sorreggano. “L’uso smodato del «mai più»” come per l’attacco ai lavoratori del Colosseo “Mai più cultura ostaggio dei sindacati”.
Oppure “L’uso dell’intimazione e dell’ordine imperativo: «Basta con…»” come il “Basta con chi protesta e non fa nulla per cambiare”. E in questo c’è l’insofferenza per il dialogo e la discussione: “Basta con i convegni sul lavoro, le cose da fare le sappiamo”.
Ovviamente i titoli dei giornali gli vanno appresso.
Infatti Robecchi chiude così: “Apre al dialogo ma esclude modifiche, che è come dire: dammi cento euro, dialoghiamo, discutiamo, confrontiamoci, basta che alla fine mi dai cento euro. Democrazia, per carità, ma non esageriamo, che si perde tempo”. (Silvia La Ragione)