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1° ottobre 2015 Numero 36 Anno II

 

l'attacco continua

La decisione del Governo Renzi di inserire i monumenti antichi ed i musei nei servizi pubblici essenziali non rappresenta certo una sorpresa, essendo solo una ulteriore tappa nel processo di “resezione chirurgica del sindacato”.
Un processo avviato in Italia nel 1994 con l’avvento al potere di una destra politica condizionata non poco dai rigurgiti fascisti di molti suoi esponenti, ma che ha trovato nell’attuale Premier un esecutore molto “raffinato” come dimostrano i tanti provvedimenti varati con l’obiettivo di ridurre sempre più il ruolo delle organizzazioni sindacali (cui non è estranea la “spintanea” campagna di stampa contro i presunti privilegi retributivi e pensionistici dei sindacalisti) ed i diritti dei lavoratori.

Nel merito, tra l’altro, si tratta di un provvedimento buono come spot propagandistico della azione di Governo, ma dalla dubbia efficacia pratica dal momento che far rientrare musei e siti archeologici nei servizi pubblici essenziali e quindi sottoposti alle norme previste dalla legge 146/1990 non impedirebbe certo l’indizione di assemblee o la proclamazione di eventuali scioperi nel settore.
Forse sarebbe più utile, per evitare disservizi, corrispondere subito ai lavoratori quanto loro dovuto per straordinari, reperibilità, ecc. e, soprattutto, migliorare il clima delle relazioni sindacali che nel Pubblico Impiego sembrano ben lontane dalle migliori pratiche europee.
Chi si preoccupa tanto dell’immagine dell’Italia dovrebbe chiedersi cosa fa più danno alla reputazione del Paese: la chiusura momentanea di un museo per una assemblea indetta secondo le norme o un Presidente del Consiglio che rinuncia ai suoi impegni istituzionali per andare ad assistere (a spese dei contribuenti) ad un incontro di tennis oppure un Sindaco che se ne va in vacanza ai Caraibi nonostante nella sua città imperversano corruzione e malavita!
I lavoratori non hanno dubbi!! (Antonio Ascenzi)