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15 Settembre 2015 Numero 35 Anno II

 

non ha toccato palla

Cristian Sesena - glistatigenerali.com - 13 settembre 2015

“18 ore di volo per nulla. Il mal di testa da jet lag il nostro premier stavolta se lo è andato a cercare. Due italiane in una finale di uno Slam sono di certo un evento storico, meritevole di attenzione e di più di un pizzico di orgoglio nazionale. Una gioia in primis per gli appassionati perché il tennis non è il calcio e lo Us Open non sono i Mondiali. Che Matteo Renzi invece abbia mollato baracca e burattini per precipitarsi a New York davvero con questa bella pagina dello sport c’entra poco. In passato non si sono mai visti (vado a memoria) politici durante questo tipo di finali.

Nessun premier tedesco si è mai scomodato per la Graf, ad esempio, ma nemmeno nessun ministro russo quando capitò nei primi anni 2000 (vado a memoria) che due atlete ex sovietiche si contendessero un torneo di importanza comparabile a questo. Non penso che Obama avesse in agenda di fare capolino all’Arthur Ashe Stadium se Serena avesse coronato il sogno del Grand Slam. A Wimbledon passano a volte principi e principesse in rigoroso stile dimesso, “casual” e non ufficiale.
Il motivo è abbastanza semplice: Flavia Pennetta e Roberta Vinci (ma tutte le protagoniste e i protagonisti di questo nobile sport) sono due professioniste che quando giocano non rappresentano il loro paese, ma loro stesse. Diversamente accade quando perdono letteralmente i loro nomi e cognomi e diventano “Italia”in Federation Cup. Ogni accostamento a Pertini nell’82 è pertanto assurda. Pertini non si sarebbe mai scomodato per una finale di un torneo, diciamo così, individuale e privato anche se in campo ci fossero stati due connazionali. Pertini agitava braccia e pipa per l’Italia che scalava le vette del mondo portandosi dietro in questa celeste ascesa una intera nazione. […]
Il tennis è uno sport di personalità, di solitudini, di sfide a se stessi. Di nomi e cognomi, prima che di provenienze e latitudini. Roger Federer è il re del tennis. Il suo regno non porta tratti della Svizzera natia. Martina Navratilova e Monica Seles, rispettivamente cecoslovacca e serba di nascita, poi entrambe americane d’adozione, sono sempre state identificate con nome e cognome, che automaticamente conduce a tornei vinti, colpi vincenti, bei momenti di sport senza geografia.
La dimensione del “noi” fatica ad entrare in questa disciplina. E fortunatamente anche la politica ha vita dura. Renzi non poteva aggiungere o togliere nulla alla loro vittoria, alla loro storia individuale sportiva.
Le due campionesse potevano però puntellare consapevolmente o inconsapevolmente la sua retorica del vincente che compare sempre dove l’inno alla gioia va in filodiffusione. Non l’hanno fatto. Non credo per scelta, semplicemente perché quella dimensione del vincere non appartiene loro. I tennisti non hanno tifosi. Hanno ammiratori”.