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1° Agosto 2015 Numero 32 Anno II

 

scrittura cuneiforme

Il dovere della testimonianza. Questo basterebbe forse per riassumere questo bel romanzo/fiaba di Kader Abdolah (edito da Iperborea 2003) una sorta di omaggio di un figlio al proprio padre e di un uomo al proprio Paese.
Ismail è un rifugiato politico. Dopo esser fuggito dall’Iran di Khomeini si stabilisce in Olanda e decide di scrivere un libro cercando di tradurre il diario che suo padre Aga Akbar, sordomuto dalla nascita, ha scritto utilizzando caratteri cuneiformi. Le vicende personali della famiglia di Akbar si mescolano così alla storia di un paese devastato dalla dittatura dove la poesia persiana, la magia di credenze popolari e la realtà dei fatti di cronaca danno vita ad un romanzo quasi surreale, suggestivo e molto toccante.

L’handicap che affligge Aga Akbar non è molto diverso dall’oppressione in cui è costretto a vivere il popolo persiano. Lui la voce non l’ha mai avuta, al popolo è stata tolta. Aga Akbar però trova lo stesso un modo per comunicare: la scrittura cuneiforme, un sistema di scrittura che si ottiene imprimendo sull’argilla delle piccole incisioni a formare dei segni. E’ una delle prime forme di scrittura utilizzate nel Vicino Oriente e solo verso la fine del XVIII secolo qualche studioso iniziò a cimentarsi nella decifrazione.
E’ una caratteristica comune degli scrittori costretti all’esilio questo bisogno di riordinare le tessere delle proprie origini, un po’ per sensibilizzare il mondo esterno denunciando soprusi e violenze e un po’ per riappacificarsi con la propria coscienza per aver abbandonato casa ed affetti.
“La perdita è un’esperienza che porta a una strada nuova. Una nuova occasione per pensare in modo diverso. Perdere non è la fine di tutto, ma la fine di un certo modo di pensare. Chi cade in un punto, in un altro si rialza. Questa è la legge della vita.” (Marianna De Rossi)