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15 Aprile 2015 numero 25 Anno II

 

farsi digitali

In Italia si diventa anziani sempre più tardi e solo dopo i 75 anni è concesso “farsi da parte”. La speranza di vita aumenta e con lei le possibilità di sentirsi ancora giovani, soprattutto a sessant’anni: una generazione considerata per troppo tempo “vecchia” senza mezzi termini. L’invecchiamento della popolazione più che aver prodotto un aumento della quota di anziani sulla popolazione ha determinato uno slittamento in avanti del confinetra età adulta ed età avanzata.

Lo dice l’Università Cattolica del Sacro Cuore che, nella ricerca “Non mi ritiro” su un campione di età compresa tra i 65 e i 74 anni di età, traccia l’identikit del “giovane anziano”: ossimoro tutto italiano di una generazione anni ʽ50. Molto attivi nel sociale, dediti alla cura della famiglia (nel caso delle donne) e ad attività sociali come lavoro e volontariato (uomini), i “baby boo-mer” (figliappunto dell’esplosione demografica)sono per-lopiù donne (53,7%), tra i 65 e i 69 anni (52,9%), in buona salute, coniugati e con nipoti minorenni. Una generazione che nel corso degli anni si è inserita tra la maturità e l’estrema vecchiaia, non considerati “nativi digitali” ma “immigrati di lungo corso nel mondo della tecnologia”. Più di un terzo degli intervistati dichiara infatti un uso quotidiano o settimanale del computer fisso, perlopiù uomini che anco-ra lavorano e hanno iniziato a utilizzare le nuove tecnolo-gie prima del pensionamento. È scarso l’utilizzo dei social network (solo il 15,2% è iscritto a Facebook e il 5% a Twit-ter). Dalla ricerca risulta chiaro che sentirsi meno anziani contribuisce a essere più soddisfatti della propria vita e che più si dispone di capitale sociale in termini di relazioni e fiducia negli altri, più ci si dota di strumenti tecnologi Non mancano però le situazioni borderline e a rischio esclusione sociale. Per La Cattolica un terzo della popolazione intervistata comprende soggetti “a rischio” (20,6%) e “affaticati” (11,2%): i caregiver impegnati nella cura familiare senza soddisfazioni personali e coloro che, ritirati nel privato, non hanno reti familiari e amicali. È tempo quindi di ripensare le politiche sociali, figli di una generazione ormai superata, che assicurino al maggior numero di persone livelli più alti di benessere sociale. (Silvia La Ragione)