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1° aprile 2015 Numero 24 Anno II

 

oriundo oriundo

Stafano Bartezzaghi - La Repubblica - 24 marzo 2015

“Per poter cogliere appieno la suggestione della parola "oriundo", e ricavarne il massimo dell'impatto sonoro e immaginativo, probabilmente è necessario avere incominciato a incollare figurine all'album all'epoca in cui andava fatto ancora con la coccoina, ovvero nella gloriosa fase di transizione della "cellina biadesiva": la fine degli anni Sessanta. Ma "oriundo" non era affatto un nonsense.

I calciatori "oriundi" appartenevano a una categoria che andava all'esaurimento: non ne venivano tesserati di nuovi, le frontiere si erano serrate da un pezzo; […] e il loro status veniva segnalato dalle sobrie didascalie dell'editore Panini: "oriundo". Nessuno spiegava ai piccoli collezionisti di allora che l'aggettivo derivava dal gerundivo del latino oriri, nascere, avere origine. Significava qualcosa come "indigeno", insomma, ma senza connotazioni sgradevoli […].
Gli oriundi italiani erano in definitiva calciatori nati qui o là, Argentina o Belgio, figli o nipoti di immigrati. Dirigenti sportivi scartabellavano archivi parrocchiali. Anche solo una nonna italiana, se reperita e in qualche modo documentata, poteva consentire a un calciatore sostanzialmente straniero di venire schierato come italiano, anche in Nazionale. Andrebbe quindi detto sempre "oriundo italiano", intendendo "originario (anche lontanamente) dell'Italia"; ma nell'uso rimaneva quella strana parola scempia: "oriundo", come dire "originario" ma senza origine. Un po' come quando il lattaio chiede quale latte si desidera e gli si risponde "il parzialmente". Aggiungere "scremato" parrebbe da puristi pedanteschi”.