Logo
15 Febbraio 2015 Numero 21 Anno II

 

la discrezione della cittadinanza

La riforma della legge sulla cittadinanza italiana è un tema sul quale periodicamente la politica si scontra nel tentativo di modificare in meglio le norme che stabiliscono come diventare italiani. Come riporta l’articolo “I trucchi per diventare italiani” di Stefano Filippi pubblicato su Il Giornale del 2 febbraio 2015, mentre in Parlamento si dibatte tra lo ius soli o lo ius sanguinis, sul numero minimo di anni obbligatorio di residenza, se è il caso di essere di manica larga oppure mantenere un certo rigore; l’incapacità di applicare le norme, favorisce il moltiplicarsi di pratiche illegali.

La situazione è drammatica perché – denuncia l’articolo - esiste un vero e proprio mercato sommerso della cittadinanza italiana, alimentato in buona parte dall’incapacità dell’amministrazione pubblica di dare risposte nei termini previsti, aprendo così al commercio clandestino delle pratiche. <<Ormai l’Italia>> secondo l’articolo di Stefano Filippi <<concede la cittadinanza in tempi rapidi soltanto a chi paga: o lecitamente perché fa un ricorso al Tar (che costa sui 1.500 euro), oppure illecitamente, perché ci si rivolge ad avvocati ammanicati nelle questure o addirittura al Viminale>>. Le responsabilità sono in buona parte della legge stessa. Infatti secondo la legge n.91 del 1992, l’acquisizione della cittadinanza agli stranieri regolarmente residenti da dieci anni non è un diritto acquisito ma una concessione fatta dallo Stato, determinata non nell’interesse dello straniero, bensì da quello per la comunità che decide di accogliere il richiedente come nuovo cittadino. L’amministrazione pubblica ha quindi un potere pienamente discrezionale che presta inevitabilmente il fianco alle manipolazioni e agli illeciti. (Gabriele Di Mascio)