Logo
3 Febbraio 2015 Numero 20 Anno II

 

l'italiano per gli stranieri

“Abbiamo un anno di tempo per rivoluzionare la scuola italiana”. Sono trascorsi cinque mesi dalle parole del Presidente del Consiglio Renzi che con un video- messaggio annunciava l’anno della rivoluzione per la scuola italiana: la riforma della “Buona Scuola” che vedrà varato, entro febbraio, il suo primo decreto. Dodici mesi per riflettere su come l’Italia investe sulla scuola dove sono stati chiamati a dare un contributo, per due mesi, anche studenti, insegnanti e famiglie. Dodici punti indicati dal Governo che parlano di precariato, concorsi, supplenze, scatti di carriera, formazione, innovazione, cultura e alfabetizzazione.

E proprio di alfabetizzazione ha parlato in una recente intervista al Corriere della Sera il Ministro dell’Istruzione Giannini affermando, tra le altre cose, che “Dal prossimo concorso avremo anche docenti di italiano come seconda lingua per i bambini non madrelingua”.
L’italiano insegnato come seconda lingua agli stranieri: è questo il progetto che coinvolgerà 700mila alunni, il 10% del totale. Numeri che, per la ministra Giannini devono “attrezzare una generazione di maestri e professori per l’insegnamento linguistico agli alunni stranieri”. E per scongiurare il rischio di creare “classi ghetto” il sottosegretario Faraone ipotizza di lasciare dei posti liberi in ogni classe da destinare agli alunni stranieri che arrivano nel corso dell’anno, possibilità questa, che ha trovato in disaccordo la ministra Giannini che ha risposto “No, direi di no. L'integrazione non è questione di quantità ma di qualità”.
Forse è proprio quel capitolo extra della riforma, il “Tredicesimo punto” (come lo definisce il sottosegretario Faraone su il Messaggero il 26 gennaio) assente dalla bozza di riforma della “Buona Scuola” (ora però in discussione al Governo) del settembre scorso, che potrà sciogliere i nodi dell’integrazione degli stranieri e della didattica multiculturale e interdisciplinare. L’aspetto fondamentale per Faraone – si legge su il Messaggero del 26 gennaio – “Non si riduce a recuperare un banco; punta, piuttosto, a sconfiggere quella ghettizzazione compiuta silenziosamente negli anni. Classi composte interamente da bambini cinesi e classi con soli ragazzi italiani come accade da anni a Prato rappresentano delle patologie che dobbiamo assolutamente modificare”. (Silvia La Ragione)