Logo
15 Gennaio 2015 Numero 19 Anno II

 

sfaccettature di fughe

Provate a digitare “Fuga” in un motore di ricerca. Quella “dei cervelli” è in testa ai risultati. Non è un caso che il termine, diventato di uso comune per indicare l’esodo dall’Italia dei nostri talenti, abbia prodotto in questi anni il contributo di intellettuali, giornalisti, scrittori, registi e cantautori. Definita “la nuova diaspora italiana” della “generazione Easyjet” il dilemma se “restare o partire”, che ha colto impreparati molti giovani (e non solo) è oggi superato.

Si parte, senza indugi e senza voltarsi indietro per non farsi sorprendere dalla nostalgia. O almeno, è quello che si cerca di far credere a chi resta in Italia. Evocando il gran-de capolavoro di Boccioni - gli “Addii” - il Fatto Quotidiano scrive «finitele feste le sale partenza degli aeroporti si trasformano nelle sale della malinconia dove i colori sembrano sciogliersi in lacrime, il paesaggio scompare e vedi ritratto il dolore del distacco». Giovani di spalle lasciano l’Italia per raggiungere “il proprio capo che ragiona in un’altra lingua”. La vera frontiera del lavoro oggi è avere un collega asiatico, francese o spagnolo e un capo orgoglioso del suo team internazionale. È una spaccato del “lavoro italiano” che il cantautore Piji ha riprodotto nella canzone “Cervello in fuga”. È la storia di Laura (che non c’è, è andata via), di Gloria (che manca nell’aria) e di Marco (che se n’è andato e non ritorna più) senza più prospettive “latitanti in Europa, raccontano la loro nuova vita su Skype”.
Nel suo Blog sul Fatto Alice Pilia Drago, oltre a ricordare che “l’Italia è decisamente un Paese da cui si fugge e non la meta di apocalittiche invasioni”, ci parla di loro, dei migranti “schiacciati” tra il lavoro e i pregiudizi inconsci di qualche datore di lavoro non proprio orgoglioso di avere un team internazionale. La chiama “discriminazione sulla carta”, sono gli innumerevoli preconcetti (studio OECD) a volte inconsci, delle discriminazioni sul lavoro verso specificheminoranze. La possibilità di lavoro qui, a parità di qualifiche, dipende dal nome sul curriculum La nostra “buona condotta” sembra ripagarci nei fatti: gli italiani discriminano poco e subiscono altrettante forme di discriminazione. Tutti i Paesi OECD hanno leggi contro le discriminazioni, molti hanno intrapreso iniziative e campagne d’informazione. Il paragone proposto richiama ai Paesi Scandinavi. Non possiamo competere con anni di politiche progressiste di integrazione, di certo però la storia italiana è fatta di volti e opportunità, e noi ne abbiamo avute tante e le abbiamo sapute cogliere. A ricordarcelo, ci sono anche i numeri. (Silvia La Ragione)