Logo
1 dicembre 2014 Numero 16 Anno I

 

noi leornardo, loro il cucù. e poi?

Beppe Severgnini - Corriere della Sera - 27 novembre 2014

“Creatività italiana” sta diventando un automatismo verbale. Un po’ come velocità elevata, scarsa visibilità, scontro violento. Un sintomo di pigrizia mentale, la prova di mancanza di curiosità. Dovremmo invece chiederci: l’Italia è stata creativa? Lo è ancora? Se fosse così, come ci auguriamo, perché?
La risposta alla prima domanda è facile. La storia dell’arte, dell’industria e del design lo dimostrano, e il mondo ce lo riconosce volentieri: l’Italia è stata, per secoli, una nazione creativa. Ha saputo inventare cose nuove, migliorare cose esistenti, combinare, incrociare, mischiare, raffinare.

È ancora così? Nonostante le difficoltà pratiche, le miopie pubbliche e il momento economico, la risposta è: sì, per fortuna.
Quella italiana resta una società creativa. Un terreno fertile per le idee. Alcune danno ottimi frutti, altre no: dipende da chi coltiva le piante.
Perché accade? Quali sono le caratteristiche che, nonostante tutto, mantengono l’Italia creativa?
IL CARATTERE - Intelligenza, immaginazione, intuizione. Gusto, generosità, grinta. Le “I” e le “G” degli italiani sono gli ingredienti perfetti della creatività. I caratteri nazionali non rappresentano garanzie e non costituiscono condanne; ma non sono nemmeno invenzioni. “Il carattere degli italiani - scriveva Giuseppe Prezzolini - è stato creato da duemila anni di diritto romano, di profili e di ombre nette di monti, di distinzioni psicologiche e di contratti col tribunale della confessione, di transazioni politiche nelle lotte comunali, di accortezze nell’opporre forze segrete a forze segrete sotto i dominii assoluti, di taciti disprezzi sotto l’ossequio formale ai signori, di libertà interne conquistate col duro prezzo della soggezione politica”. Tutto questo forma le menti; le menti formano le idee; le idee formano il mondo.
GLI ESEMPI - Dall’arte al commercio, dalla moda alla meccanica di precisione, dalla letteratura alla pasticceria, dall’agricoltura alla rete: i buoni esempi portano buoni risultati; i luoghi belli producono belle idee. In Italia viviamo a bagnomaria nell’armonia, nella fantasia e nell’originalità. Le città storiche, gli abiti, la tavola. L’ambiente è uno stimolo continuo e una sfida subliminale. Senza rendercene conto, siamo costretti a misurarci con chi ci ha preceduto.
LO SFORZO - “l’Italia è un luogo caotico, e ha prodotto Dante Alighieri, Leonardo da Vinci, Giacomo Leopardi. La Svizzera è un luogo ordinato, e ha prodotto l’orologio a cucù”. Nella crudeltà (e nell’ingenerosità!) della battuta c’è un granello di verità, e ci riguarda: le difficoltà non hanno mai impedito la creatività, anzi. I brillanti risultati della ricerca scientifica italiana - pochi soldi e mille complicazioni - lo dimostrano. I nostri laureati hanno successo all’estero anche perché hanno dovuto misurarsi con l’università italiana. Chi esce dal labirinto e trova la strada dritta, corre.
LA MESCOLA - I giovani italiani guardano all’immigrazione incontrollata con apprensione, e hanno ragione. Ma ricordino questo: per questioni di storia, geografia e indole, abbiamo sempre saputo trarre vantaggi da viaggi, scambi, incontri. Dalla scoperta dell’America a quella della moka, dall’energia nucleare ai baci Perugina, dall’elicottero alla macchina per scrivere, dalla Ferrari (automobili) alla Ferrari (spumanti), le creazioni italiane non sono vicende isolate, ma il risultato di splendidi incroci.
IL PRIMATO - Mi ha colpito, incontrando Erick Thohir, come il presidente indonesiano dell’Inter ripetesse che l’Italia detta al mondo gli stili di vita, ed è ancora un modello. Io volevo parlare di Walter Mazzarri (pace alla panchina sua), lui insisteva nel lodare la nostra creatività. Non scherzava, non adulava. È davvero convinto - da imprenditore, da uomo di marketing, da uomo dell’Asia - che l’Italia disponga di una ricchezza inestimabile: una combinazione di fantasia, intuizione, gusto, stile, autorità estetica. E sia, perciò, molto fortunata.
La domanda, a questo punto, diventa: ce ne rendiamo conto? Saremo capaci di usare la nostra creatività per produrre benessere? Riusciremo a trasformare la nostra grande bellezza in un piccolo progresso? O, invece, sapremo solo riproporre costosi mostriciattoli come www.italia.it, di cui manca perfino una traduzione in cinese e giapponese?