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1 dicembre 2014 Numero 16 Anno I

 

Quando il viaggio non è sicuro

La frontiera 2.0 del turismo all’italiana ha una meta ben precisa: il diritto. Beatrice Dalia, nel suo articolo su Il Sole 24 Ore del 24 Novembre, definisce infatti gli italiani “turisti del diritto”: si va infatti a Londra per separarsi velocemente, in Spagna per diventare avvocato senza fare praticantato, a Est per avere un figlio.

Lo Stivale è dunque il Paese del turismo matrimoniale, afferma la giornalista, ma a doppio senso, perché se da una parte molti stranieri scelgono l’Italia per coronare il loro sogno di celebrare nozze da favola per le sue splendide cornici paesaggistiche ed artistiche, al contrario molte coppie di connazionali partono per rincorrere ben altri sogni.
I turisti del diritto partono dunque per cercare di usufruire fuori dal Bel Paese di tutti quei vantaggi connessi alla liberalizzazione dei mercati, ed è così che l’Italia, secondo Dalia, si sta trasformando “da culla del diritto a frontiera di importazioni giuridiche”.
Il problema è però che non sempre il viaggio si rivela sicuro: spesso infatti il riconoscimento di quanto ottenuto all’estero, ad esempio matrimoni e divorzi, unioni gay o a maternità surrogata, risulta problematico.
Fermo restando il caso degli avocados spagnoli, per cui la Corte di giustizia Ue ha dato la sua approvazione, celebri sono le scorciatoie fallite.
I più eclatanti sono i falliti “divorzi smart” che ben 180 coppie italiane avevano intenzione di farsi approvare in trasferta in Gran Bretagna, dove la legislazione prevede tempi di attesa più brevi (6 mesi di separazione contro i tre anni previsti da quella italiana). Il problema è che per poter usufruire della scorciatoia, la legislazione inglese prevede che i coniugi abbiano la residenza in Gran Bretagna, cosa che i turisti del divorzio non avevano: nella maggior parte dei casi di divorzio (179 su 180), una delle parti che lo richiedeva aveva dato lo stesso indirizzo di residenza, che non era nemmeno quello di un’abitazione, ma di una casella postale, e tutti i coniugi continuavano ad avere la residenza in Italia.
Altri celebri casi di turismo legale ad esito negativo riguardano le mancate trascrizioni in Italia di matrimonio omosessuali celebrati all’estero, nonostante alcuni sindaci abbiano proceduto alla registrazione, o le questioni giuridiche derivanti dal mancato riconoscimento nel nostro Paese della maternità surrogata. (Viviana Toia)